Passa ai contenuti principali

Luca 16,1-8: Non l’elogio della disonestà, ma l’urgenza della conversione

 

Non l’elogio della disonestà,

ma l’urgenza della conversione

 di Carlo Silvano

Il brano di Luca 16,1-8, conosciuto come la parabola dell’“amministratore disonesto”, è uno dei testi evangelici più sorprendenti e apparentemente scandalosi. Gesù racconta di un amministratore accusato di dissipare i beni del padrone. In procinto di essere licenziato, egli escogita un piano: riduce i debiti dei debitori del suo padrone per farsi amici che lo accolgano dopo la sua rovina. E la parabola si conclude con una frase enigmatica: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza” (Lc 16,8).

A prima vista sembra che Gesù approvi l’inganno, ma l’intento del Signore non è mai quello di esaltare la disonestà. La tradizione cristiana, dai Padri della Chiesa fino al Catechismo, interpreta questo passo come un invito a riflettere sull’uso dei beni, sulla vigilanza del cuore e sulla necessità di operare scelte sagge per il Regno di Dio.

Sant’Agostino osservava che l’amministratore non viene lodato per la sua ingiustizia, ma per la sua prontezza d’ingegno. Se quell’uomo ha saputo usare astuzia per assicurarsi un futuro terreno, quanto più i figli della luce devono essere pronti, creativi e decisi nel perseguire un futuro eterno. Sant’Ambrogio sottolineava che la parabola è una lezione sull’elemosina: il denaro, se usato per soccorrere i poveri, diventa un mezzo per ottenere amici che ci accoglieranno nei cieli.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, riflettendo sulla dottrina sociale, insegna che i beni terreni sono mezzi, non fini (CCC 2402-2404): appartengono a Dio e sono affidati all’uomo come amministratore, non come proprietario assoluto. L’amministratore infedele diventa, così, figura di chi dimentica la responsabilità davanti a Dio e usa i beni per se stesso, ma anche simbolo di chi, quando capisce di essere giunto al rendiconto, si muove con decisione per garantirsi un futuro.

Il vero intento di Gesù è allora pedagogico e provocatorio: Egli non elogia l’inganno, ma indica l’urgenza di convertirsi, di usare i beni di questo mondo in vista del Regno. Il padrone loda la scaltrezza, non la disonestà. Gesù invita i suoi discepoli a non essere pigri o ingenui nella fede, ma a mostrare quella stessa prontezza d’animo, non per accumulare ricchezze ingiuste, ma per conquistare la vita eterna.

Il Vangelo, in fondo, ci pone davanti a una scelta: vogliamo essere amministratori che dilapidano ciò che è di Dio, o vogliamo essere servitori fedeli che usano ogni bene come strumento di amore e giustizia? La parabola ci ammonisce: arriverà il tempo in cui tutti dovremo rendere conto. La vera saggezza è prepararsi oggi, facendo dei beni materiali strumenti di carità.

Ecco la provocazione evangelica: i “figli delle tenebre” sanno usare intelligenza e intraprendenza per i loro scopi; i discepoli di Cristo non devono restare indietro nella cura del Regno. La disonestà non è lodata: ciò che viene esaltato è l’abilità di rendersi conto che il tempo è breve, che le risorse non sono eterne e che occorre usarle subito per costruire rapporti di misericordia e giustizia.

Così il Vangelo diventa un appello: Sii amministratore fedele, usa i beni con responsabilità, non perdere tempo nell’inerzia. Trasforma ciò che è passeggero in seme di eternità.

_______________________

Luca 16,1-8

Diceva anche ai discepoli: "C`era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L`amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l`amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall`amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d`olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell`amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 

________________________ 

 



 

Commenti

Post popolari in questo blog

Nizza, città francese o italiana?

Intervista allo storico e politico Alain Roullier-Laurens LA CITT À DI NIZZA RIPENSA AL SUO PASSATO ITALIANO Ha dato i natali a Giuseppe Garibaldi, artefice dell'unità nazionale Perché in certi libri scolastici non si parla della cessione della città di Nizza e della regione della Savoia da parte del governo di Torino a quello di Parigi nel 1860? Da questo interrogativo prende lo spunto l'intervista che segue, rilasciataci da Alain Roullier-Laurens , fondatore della “ Lega per la restaurazione delle libertà nizzarde ”. Nato a Nizza nel 1946, Alain Roullier-Laurens discende per parte di madre da una famiglia residente a Nizza ancor prima del 1388, anno della dedizione ai Savoia, ed è autore di numerosi libri che hanno provocato scalpore - ogni volta che sono usciti - sull'ideologia indipendentista nizzarda, sui retroscena dell'annessione e del falso plebiscito. I libri di Alain Roullier si basano su documenti inediti ed adoperati per la prima volta, come ...

ROBERT ROSSI, LA FRANCESIZZAZIONE DI TENDA È INIZIATA CON I BAMBINI DELLA SCUOLA

TENDA - « Mi chiamo Robert Rossi e sono nato nel 1944: mia madre è brigasca e conobbe mio padre che svolgeva il servizio militare ne lla GAF, cioè la guardia di frontiera proprio a Briga Marittima. Dopo l’8 settembre del 1943 mio padre fu catturato dai nazisti e portato in Germania, ma finita la guerra ritornò a Briga e si sposò con mia madre per venire a mancare nel 2009 ». Inizia con queste parole l’intervista concessami da Robert Rossi (qui sotto in foto), nato italiano nel 1944 e diventato francese nel 1947, quando il comune di Tenda fu ceduto alla Francia in seguito al Trattato di Parigi. Signor Robert Rossi, a Tenda che lingua si parlava fino al 1945? E qual era il dialetto più diffuso? Oggi qualcuno a Tenda e a Briga parla ancora in dialetto? Fino al 1947 i comuni di Briga Marittima e Tenda rientravano nei confini dell’Italia e quindi la lingua ufficiale era l’italiano. A Briga Marittima era molto diffuso il dialetto locale, cioè il «brigasco», mentre a Tenda ...

Il carcere di Treviso raccontato da don Pietro Zardo

TREVISO - Ha conosciuto il mondo carcerario nel 1996. Prima di allora non era mai entrato in un penitenziario, e proprio ripensando a quel “primo” giorno trascorso a percorrere corridoi e locali dove dappertutto ci sono cancelli, porte blindate e sbarre, don Pietro Zardo ricorda che provò un'emozione molto strana, quasi inquietante. Da circa quattordici anni don Pietro è cappellano della Casa circondariale di Treviso, un luogo per molti aspetti disumano dove vige la regola della sopravvivenza. “Ciascuno vive per sé – riferisce don Pietro – e non esiste quel sistema relazionale che ti permette uno scambio di sentimenti umani, come quelli legati all'accoglienza, alla fiducia, alla solidarietà. Non ci sono aree comuni e anche i pasti vengono consumati in cella. Col tempo non mi sono più posto certe domande e sono cresciuto sul campo, perché quando ho accettato di fare il cappellano a Santa Bona non avevo una specifica formazione. Subito, però, capii che non bisogna commettere cer...