Il fuoco che Gesù non tace:
perché l’inferno non è un’invenzione,
ma una verità di fede
di Carlo Silvano
Nel cuore del Vangelo non troviamo soltanto le parole di consolazione di Cristo, ma anche i suoi severi avvertimenti. Gesù non ha esitato a parlare con realismo dell’inferno: la parola Geènna attraversa i suoi discorsi con forza, così come le immagini del fuoco inestinguibile, delle tenebre esteriori, del pianto e dello stridore di denti. Egli non intendeva costruire un linguaggio di paura, ma richiamare gli uomini alla serietà della libertà. Se l’amore è dono gratuito, allora esiste anche la possibilità di rifiutarlo; e l’inferno, in ultima analisi, è la conseguenza tragica e definitiva di un “no” ostinato a Dio.
Negare l’inferno significa alterare le stesse parole del Signore. Cristo non ha parlato di una vaga possibilità, ma di una realtà concreta, inscritta nel mistero della giustizia divina. «Andranno al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Matteo 25,46): in questa sentenza si vede la simmetria dei destini, che non può essere ridotta a un puro simbolo. Se la vita eterna è reale, lo è anche la perdizione eterna. Non vi è coerenza nel credere all’una e negare l’altra.
L’inferno non è innanzitutto una fiamma materiale, ma la condizione di chi rifiuta in maniera radicale la comunione con Dio. È il dramma della libertà umana, che può chiudersi alla grazia fino all’ultimo respiro. Proprio perché Dio rispetta la persona, egli non annulla la possibilità del rifiuto: l’amore non si impone mai. In questo senso, l’inferno non è un’ingiustizia, ma il frutto amaro della responsabilità umana, resa evidente e definitiva al cospetto della verità.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 1033-1037) raccoglie fedelmente l’insegnamento di Gesù: l’inferno esiste e consiste nella separazione eterna da Dio. È il prezzo di una libertà che non si è lasciata guarire. Questa dottrina non nasce dalla fantasia di predicatori cupi, ma dalla voce stessa del Maestro, che con immagini forti e drammatiche ha voluto scuotere le coscienze.
Per il credente, il discorso sull’inferno non deve generare terrore sterile, bensì senso di vigilanza e responsabilità. Sapere che la nostra libertà ha un peso eterno non ci paralizza, ma ci spinge a scegliere il bene oggi, a custodire la carità nelle relazioni, a vivere la vita come un cammino verso la comunione piena con Dio. La misericordia divina è infinita, ma non è un alibi che annulla la giustizia. La croce di Cristo ci ha aperto le porte del cielo, ma rimane la possibilità di voltargli le spalle.
Parlare dell’inferno, allora, non è fuori moda né controproducente, ma profondamente evangelico. È ricordare con sincerità che la salvezza non è automatica e che la vita terrena è un tempo di decisione. Rimuovere questa verità significherebbe non prendere sul serio né le parole di Gesù, né la dignità della libertà umana. La Chiesa cattolica, nel trasmettere l’insegnamento di Gesù Cristo, non vuole spaventare, ma illuminare: c’è un cammino di perdizione che si può imboccare e c’è un cammino di vita che sempre ci è offerto. Non si può cancellare l’inferno dalle pagine del Vangelo; si può, però, scegliere di non andarvi, vivendo nell'amore, ma senza annacquarla, la Legge di Dio.
Qui di seguito l'elenco delle citazioni tratte dal Vangelo relative all'insegnamento di Gesù Cristo sull'inferno e sulla perdizione:
Passaggi con la parola Geènna
Mt 5,22 — chi insulta il fratello «sarà sottoposto al fuoco della Geenna».
Mt 5,29-30 — meglio perdere un membro «che tutto il corpo venga gettato nella Geenna».
Mt 10,28 — temere «colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna».
Mt 18,8-9 — meglio entrare nella vita monco o cieco «che essere gettato nella Geenna del fuoco».
Mt 23,15 — il proselito «lo rendete figlio della Geenna più di voi».
Mt 23,33 — «Serpenti, razza di vipere! Come potrete sfuggire alla condanna della Geenna?»
Mc 9,43.45.47-48 — «meglio entrare nella vita monco… che essere gettato nella Geenna, nel fuoco inestinguibile… dove il loro verme non muore».
Lc 12,5 — «temete colui che ha il potere di gettare nella Geenna».
Passaggi con immagini di castigo eterno
Mt 7,13-14 — la via larga «conduce alla perdizione».
Mt 8,11-12 — i figli del regno «saranno cacciati fuori, nelle tenebre».
Mt 13,40-42.49-50 — gli angeli getteranno i malvagi «nella fornace ardente: là sarà pianto e stridore di denti».
Mt 22,13 — il commensale senza abito nuziale «legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre».
Mt 24,51 — il servo infedele «lo punirà e gli assegnerà la sorte degli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».
Mt 25,41.46 — «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno»… «andranno al supplizio eterno».
Lc 13,28 — «là sarà pianto e stridore di denti».
Lc 16,23-24 — parabola del ricco e Lazzaro: «nell’Ades, tra i tormenti».
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