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Leone XIV, Siamo chiamati ad amministrare la vita come un dono

 

Amministrare la vita come dono:

l’Angelus di Leone XIV

e la sapienza evangelica dei beni”

21 settembre 2025 - Oggi, nel suo Angelus, papa Leone XIV ha offerto una riflessione densa di sapienza evangelica a partire dalla parabola dell’amministratore infedele (Luca 16,1-13). Le sue parole hanno il pregio di andare oltre la superficie di un racconto apparentemente ambiguo, per mostrare come esso riveli il cuore dell’esperienza cristiana: la vita stessa è il bene più prezioso che abbiamo ricevuto in dono, e di essa siamo chiamati a renderne conto.

Il Pontefice ci ricorda anzitutto una verità fondamentale: non siamo padroni né della nostra esistenza, né delle risorse di cui godiamo. Tutto ciò che possediamo è affidato alle nostre mani come un patrimonio da amministrare con responsabilità. In un mondo che spesso esalta il dominio assoluto dell’individuo, questa prospettiva capovolge i criteri correnti: il cristiano non accumula per possedere, ma custodisce per condividere. Leone XIV sottolinea che un giorno saremo chiamati a “rendere conto” non soltanto davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini e alle generazioni future. È un richiamo che allarga l’orizzonte dell’etica cristiana: ciò che facciamo dei beni materiali, del creato e della nostra stessa vita ha un valore escatologico e insieme sociale.

Nell’interpretare la parabola, il Papa illumina l’intuizione dell’amministratore: comprendere che i beni materiali non sono l’ultima parola, perché essi passano. La sua scelta di rinunciare a una parte di guadagno per guadagnare amici diventa parabola per i discepoli: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”. Non è un invito a barattare la coscienza, ma un appello a trasformare ciò che è fragile, persino ingiusto, in occasione di relazione, di solidarietà, di apertura al futuro.

Leone XIV porta questa lezione nella concretezza della vita quotidiana: l’alternativa è chiara. Da una parte, c’è l’egoismo che fa della ricchezza un idolo, isolando l’uomo e generando conflitti; dall’altra, c’è la consapevolezza che tutto ciò che possediamo è dono da condividere, strumento per “creare reti di amicizia e solidarietà, edificare il bene, costruire un mondo più giusto, più equo e più fraterno”. È in questo dinamismo che la gestione dei beni diventa un atto spirituale, un luogo di conversione in cui la fede tocca le scelte concrete.

L’Angelus si è concluso con la preghiera alla Vergine Santa perché aiuti ciascuno ad amministrare con giustizia e responsabilità ciò che il Signore affida. Qui emerge la dimensione teologica più profonda: la vera amministrazione non si fonda solo sull’intelligenza umana, ma sulla grazia che accompagna e trasforma. La sapienza evangelica non è una strategia economica, ma una forma di sequela, un cammino che ci conduce dall’uso dei beni alla comunione con Dio e con i fratelli.

Le parole del Papa, dunque, non sono solo un commento alla parabola, ma un invito a riconsiderare il senso stesso della vita: amministrarla come dono, con la libertà di chi non teme di perdere, perché sa che la vera ricchezza è l’amicizia con Cristo e con gli altri. È questa la ricchezza che non passa, quella che già da ora ci apre alle “dimore eterne”. (Carlo Silvano)

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