Romani 12, 1-2: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Bibbia CEI del 1974).
In questo brano Paolo ci ricorda che il vero altare non è fatto di pietra, ma di carne e cuore. Ogni giorno possiamo salire su quell’altare invisibile che è la nostra vita e dire a Dio: “Eccomi, Signore, prendi ciò che sono”. Offrire se stessi non è rinunciare alla gioia, ma trasformare ogni gesto – anche il più semplice – in amore donato. Lì, la vita quotidiana diventa liturgia.
Nella logica del mondo, sacrificio significa perdita; nella logica del Vangelo, sacrificio è fecondità. Quando doniamo tempo, energie, pazienza o perdono, non stiamo perdendo: stiamo generando vita nuova. Dio non chiede la nostra distruzione, ma la nostra offerta, affinché ogni ferita diventi occasione di grazia.
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo” è un invito di straordinaria attualità. Viviamo immersi in un mondo che ci dice di apparire, di correre, di primeggiare. Paolo ci invita invece a respirare un’aria diversa, quella del Vangelo. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di rimanere nel mondo senza appartenervi, di portare luce dove regna l’abitudine, di scegliere il bene anche quando è controcorrente.
Il rinnovamento della mente non è un semplice cambiare idea, ma lasciarsi cambiare da Dio. È passare dallo sguardo che giudica allo sguardo che ama, dal “che cosa ci guadagno?” al “come posso servire?”. Ogni giorno lo Spirito Santo ci educa interiormente, ci insegna a vedere la realtà con gli occhi di Cristo.
Discernere
la volontà di Dio non significa aspettare segni straordinari, ma
imparare a riconoscere la sua voce nel silenzio, negli incontri,
nelle piccole decisioni quotidiane. La volontà di Dio è sempre ciò
che ci fa più veri, più liberi, più capaci di amare. (Carlo Silvano)
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