“Nella vita – si dice Ivan – ognuno deve imparare ad accettare il proprio ruolo. Non importa se a volerlo povero è stato Dio o la natura o gli uomini.”
L'interesse per questo romanzo breve non è scontato.
Il protagonista Ivan Nikon è un boiaro nella Russia al tempo dell'ultimo zar. Le vicende sono avvincenti perché arricchite con descrizioni accurate e coinvolgenti tanto da provocare i brividi di freddo sulla pelle come se, al posto di pagine cartacee, si tenessero in mano la neve e il ghiaccio della città bolscevica. Questo proietta il lettore in una dimensione spazio-temporale indefinita, mancano punti di riferimento precisi come date e luoghi di battaglie storiche, ma proprio per questo la curiosità si accende cercando di prevedere gli accadimenti delle pagine successive con lo stesso trasporto emotivo con cui si potrebbe leggere la propria storia.
Carlo Silvano ne "Il boiaro", pubblicato con le Edizioni del noce, dà prova d'essere un abile narratore: la trama, infatti, è ben congenita fra la vita del padrone Ivan e quella del rifugiato segreto in città ed, infine, quella dell'esule in campagna. Silenziosamente e quasi impercepibilmente, il boiaro si trasforma e matura e con lui le sue riflessioni e finanche la luce che si riflette nei suoi occhi diviene più “umana”.
“Pensò che le finestre dovevano essere riparate e che bisognava difendersi dal freddo. Guardò verso l'alto: era buio. Dovrà pure arrivare l'alba, pensò Ivan, e rivoltosi alla ragazza disse: Iniziamo a seppellire i morti... portami una pala”. (a cura di Lucia Pulpo, Cosmopolis)
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