Questa mattina ho avuto la possibilità di ascoltare un brano tratto dal Vangelo di Luca (2,25-38). Qui di seguito provo a proporre alcune riflessioni che ci conducono al Tempio di Gerusalemme, dove due figure straordinarie, Simeone e Anna, incontrano il bambino Gesù. Questo momento di incontro ci offre spunti profondi sul significato della fede, della speranza e del compimento delle promesse di Dio nella nostra vita quotidiana.
Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, attendeva con pazienza la “consolazione d’Israele”. Anna, una profetessa di età avanzata, serviva Dio con digiuni e preghiere giorno e notte. Questi due anziani, rappresentanti della fede viva e perseverante di Israele, sono figure emblematiche che ci insegnano a vivere con speranza e fiducia nelle promesse divine, anche quando i tempi sembrano lunghi e le fatiche pesanti.
Simeone e Anna: simboli di attesa e compimento
Dal punto di vista teologico, Simeone rappresenta il popolo dell’antica alleanza che, dopo un lungo cammino, vede finalmente realizzarsi la promessa di Dio: il Messia, la luce delle genti e la gloria d’Israele. Quando prende in braccio Gesù, pronuncia il “Nunc dimittis”, un canto di gioia e di resa: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. Queste parole esprimono il compimento della vita umana quando si incontra Cristo, la fonte della salvezza.
Anna, invece, è simbolo della fedeltà instancabile e della vita consacrata alla lode e all’intercessione. Con il suo spirito profetico, riconosce in Gesù il Redentore e lo annuncia a tutti. Lei ci ricorda che ogni incontro con Cristo non è mai solo personale: dalla preghiera e dall’esperienza di Dio nasce sempre una missione verso gli altri.
Significato delle loro parole per la nostra quotidianità
Come possiamo attualizzare oggi le parole e l’esempio di Simeone e Anna? Spesso la nostra vita è segnata da attese e fatiche: aspettative non soddisfatte, difficoltà nel lavoro, nelle relazioni familiari o nella fede. Ma Simeone e Anna ci insegnano che anche nelle attese più lunghe e nelle fatiche quotidiane possiamo trovare un senso profondo, se le viviamo con lo sguardo rivolto a Dio.
Simeone ci invita a confidare nel piano divino, anche quando non comprendiamo tutto. Il suo “Nunc dimittis” ci ricorda che la pace interiore nasce dal riconoscere e accogliere Cristo, la luce che illumina le nostre oscurità. Nella nostra quotidianità, questo significa fermarci, pregare e affidare le nostre preoccupazioni al Signore, sapendo che Lui è fedele alle sue promesse.
Anna, con la sua perseveranza nella preghiera, ci incoraggia a non scoraggiarci mai. Nelle fatiche della vita familiare e lavorativa, possiamo imitare la sua dedizione, trovando momenti di silenzio per lodare Dio e chiedere il suo aiuto. Come Anna ha annunciato Gesù a tutti, così anche noi, con le nostre azioni quotidiane, possiamo essere testimoni della gioia e della speranza che vengono da Cristo.
Un messaggio di speranza
In un mondo spesso segnato dall’impazienza e dal pessimismo, Simeone e Anna ci ricordano che Dio agisce nei tempi e nei modi che Lui conosce. Ci invitano a fidarci, a rimanere fedeli e a non perdere mai la speranza.
Chiediamo al Signore, attraverso l’intercessione di Simeone e Anna, di donarci occhi capaci di vedere la sua luce anche nei momenti difficili e un cuore capace di lodarlo nella nostra vita quotidiana. Come Simeone e Anna, lasciamoci trasformare dall’incontro con Cristo e portiamo questa gioia agli altri. (Carlo Silvano)
Dal Vangelo secondo Luca (2,1-40):
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul collegamento al sito della Libreria Rizzoli: Libri di Carlo Silvano
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