VILLORBA – Educare un bambino al rispetto verso se stesso e gli altri è uno dei compiti fondamentali dei genitori: è una responsabilità che non si può demandare ad altri soggetti, come alla scuola, ma dev’essere assolta da chi è stato chiamato a svolgere un ruolo fondamentale nella vita coniugale e familiare. Qui di seguito propongo una breve intervista alla dottoressa Anita Avoncelli (nella foto qui sopra), esperta in mediazione familiare ed assessore ai servizi sociali del Comune di Povegliano.
Dott.ssa Anita Avoncelli, quali sono le prime regole che in una famiglia un bambino deve far proprie per imparare a rispettare se stesso?
Non credo ci siano delle regole bensì un’atmosfera di vita quotidiana fatta di condivisione, confronto e crescita ma anche chiari no. Dei confini che come genitore ho ben definiti anche dentro di me per poterli superare.
Il rispetto lo assorbiamo come l'aria che respiriamo ogni secondo della nostra vita e che facciamo nostro.
Non possiamo spiegare nulla ma possiamo solo essere di esempio con il nostro comportamento.
I bambini prima, ed i ragazzi poi, necessitano di modelli a cui ispirarsi. Se non li trovano in casa, perché non hanno delle figure di riferimento capaci di tener loro anche testa in momenti di crescita particolarmente impegnativi, rischiano di trovarli fuori e non sempre rappresentano una felice risposta.
Il rispetto è prima di tutto quello veicolato tra i coniugi, da chi ci sta vicino, accanto e che viene visto giorno dopo giorno.
L'educazione non è qualcosa che può essere delegata alla scuola ma parte dalla famiglia.
In famiglia in merito all'insegnamento del rispetto quale ruolo ha il padre per un bambino?
Il ruolo della figura paterna ha un ruolo fondamentale come la figura materna, perché, come ho rilevato sopra, prima di tutto è ciò che come coniugi si passa attraverso il comportamento, la comunicazione, il verbalizzato ma ancora di più il non verbalizzato. Spesso molte difficoltà emergono proprio per una forma di falsa approvazione che i figli comprendono immediatamente. Il padre come la madre sono delle figure essenziali perché rappresentano un punto di riferimento, un faro, nella vita e su cui nasce il confronto e lo sviluppo della propria identità. La responsabilità è massima, padre e madre hanno un ruolo da protagonisti (e non potrebbe essere diversamente) ecco perché bisogna avere ben chiaro dove e con chi si vuole percorrere una vita.
In una famiglia come si dovrebbe "proporre" un divieto a un bambino?
Avendolo prima di tutto ben chiaro dentro di noi, senza mistificazioni, sensi di colpa, recriminazioni e tentennamenti tra genitori, creando così gioco facile per figli adolescenti e non solo.
Un no è un impegno, è estremamente faticoso e l'incoerenza crea ancora più confusione e tensione, perché non si sa che cosa aspettarsi. L'essere umano è molto più frustrato da una situazione di imprevedibilità piuttosto da ciò che, seppure non desiderato, risulta chiaro. I figli sono molto concreti e le parole che si trasmettono lo sono ancora di più. Dire no, porre quindi un divieto, permette di porre una distanza tra un desiderio ed una soddisfazione. Non tutto può essere soddisfatto.
In conclusione, con quali parole possiamo spiegare a un bambino il concetto di libertà?
Non spiegarla ma fornendo quell'autonomia che permette una scelta. Montessori affermava che nessuno potrà essere libero se non è indipendente ed ancora che "tutto ciò che fai per me, non lo fai per me". Sostituirsi costantemente alle capacità di un figlio che tenta di farcela da solo è la prima strategia per non permettergli di essere libero. E quando si inizia? da subito, fin da piccoli credendo nelle capacità dei nostri figli.
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Questo blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi.
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