Capitolo
I
Nessun rumore. Nemmeno un odore. Provava una
strana sensazione, quasi fosse sospeso nell'aria; forse lo era veramente. Si
sentiva bene, però. Provò ad aprire gli occhi. Niente. Non riusciva a percepire
alcun muscolo del proprio corpo. Nemmeno il suo respiro avvertiva.
"Sono morto?", si domandò senza
provare alcuna emozione, dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto di alzare le
palpebre.
"Sono solo!", si disse.
Si sforzò di ricordare ciò che aveva fatto negli
ultimi giorni. Niente. Nessun ricordo affiorava alla mente, e continuava invece
a sentirsi leggero e sospeso nel vuoto.
Era sicuro di stare ancora in un corpo, nel suo
corpo, ma non riusciva ad avvertire nulla; neanche un dolore o un fastidio.
Provò allora a immaginare il suo corpo e si
riconobbe sul letto di un ospedale. Era successo qualcosa di molto grave. Forse
di irreparabile. Non per questo, però, ebbe paura. Anzi, continuò a restare
tranquillo. Senz'altro attorno a lui c'erano medici e infermieri che si davano
un gran da fare per salvargli la vita, e di certo oltre la porta della sala
operatoria c'erano genitori, parenti e amici che si disperavano per quanto era
successo. Lui, intanto, non sentiva dolore e non provava paura. Era molto
rilassato. La sala operatoria doveva essere ben illuminata, ma lui continuava a
non percepire nulla; non riusciva neppure a intravedere l'accecante luce dei
fari che certamente gli piombava addosso dal soffitto, e non capiva, ora,
nemmeno se avesse o meno gli occhi aperti. Forse qualche chirurgo lo stava
operando e il suo sangue e la sua carne stavano lottando per vivere, per
trattenere nel corpo il soffio della vita. Non poteva escluderlo. Continuava
ancora a chiedersi cosa potesse succedere attorno al suo corpo, quando iniziò a
provare una strana sensazione perché qualcosa di misterioso e di impenetrabile
si stava avvicinando. Non riusciva a capire cosa potesse essere. Eppure
qualcosa stava accadendo.
Attorno a lui aveva iniziato a ruotare molto
lentamente una potente forza e man mano che questa gli girava attorno, lui
provava strane sensazioni, sempre più forti: a tratti percepiva un rassicurante
tepore, per poi essere colto da improvvisi e piacevoli brividi di freddo che lo
facevano precipitare velocemente in un vuoto senza fine e fuori dal tempo.
Inutile pensare alla durata di ciò che gli stava capitando. Era in un vortice:
quella forza misteriosa sapeva miscelare bene le emozioni da fargli provare e
per un tempo infinito. Poi, all'improvviso, tutto si fermò, e quella strana
forza iniziò a prendere la forma di una gigantesca e placida onda azzurra. Una
massa d'acqua che lentamente procedeva verso di lui, e lui non aveva paura. Fu
un attimo e l'acqua gli lambì i piedi. Solo ora iniziò a percepire il suo
corpo. Sì, avvertiva di avere un corpo. L'acqua azzurra, tiepida e trasparente,
iniziò a penetrare dentro di lui dai piedi arrecandogli un benessere mai
provato prima. Si sentiva bene, tranquillo e rilassato. L'acqua, lentamente,
attraversò le gambe e i ginocchi come se volesse sbriciolare e disperdere
lontano ciò che non apparteneva al suo corpo. Si sentiva libero, tonificato, e
provò una profonda pace quando l'acqua si riversò nel ventre svuotandolo da
ogni peso, da ogni impurità, continuando a salire per depurare il fegato e
rigenerargli il cuore.
Lentamente l'onda azzurra fluttuava, attraversando
anche le arterie e le vene, per arrivare alle mani e poi ai polmoni,
riempendoli e rilassandoli. Poi, sempre lentamente, l'onda azzurra attraversò
anche la gola per penetrare nel cranio, e al tepore seguì una gradevole
sensazione di purificazione.
Era libero dentro di sé. Completamente libero.
Ora nulla contaminava il suo corpo. Ed ora che l'onda azzurra lo aveva
completamente conquistato occupando ogni cellula del suo corpo, iniziò a
liberarlo, trascinando con sé tutti i residui delle ansie e dei timori che
spesso lo avevano accompagnato nel corso di grigie e monotone giornate. L'onda
azzurra lasciava il suo cranio scivolando piano giù per la gola, i polmoni, le
viscere e le gambe, per poi uscire completamente dai piedi.
Marco, ora, e solo ora, era veramente libero e
aprì gli occhi: era disteso sulla sabbia con il cielo celeste e limpido che, in
alto, gli si spalancava davanti senza confine, mentre leggere e tranquille onde
marine si avvicinavano timidamente ai suoi piedi e lui percepiva l'incontaminato
bacio della soffice schiuma bianca.
Marco si sedette sulla battigia: era su una
piccola spiaggia racchiusa in una rada e davanti a lui si estendeva, piatto
come una tavola, il mare di un altro mondo, di un mondo appartenente a un altro
tempo e a un'altra dimensione. Nessuno scoglio affiorava dal mare e a destra e
a sinistra una fitta e ordinata vegetazione ricopriva due imponenti promontori
che avanzavano nell'acqua per alcune centinaia di metri. Alle sue spalle e non
lontano dovevano esserci folti cespugli di lavanda perché ne percepiva, anche
se leggermente, il profumo. Marco, estasiato e cosciente, non si poneva alcuna
domanda, ma lasciava solo che i suoi occhi si nutrissero del blu intenso del
mare incoronato dalla celeste volta del cielo. Alcuni gabbiani volavano alti e
l'aria era fresca. Marco stava bene con se stesso e non aveva alcun desiderio.
Gli piaceva l'aria carica di iodio del mare e si sentiva a proprio agio
indossando una polo di colore chiaro e dei pantaloncini bianchi. Con la mano sinistra
raccolse un pugno di sabbia e la strinse perché gli faceva bene quel contatto:
gli dava una calda sensazione. [...]
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