«Domenica 8 ottobre è stata per me una giornata speciale, particolare e indimenticabile poiché trovarmi nella sala “Marcello Zago” della Casa della comunità di Villorba, e soprattutto in quella postazione per presentare un mio libro, dove solitamente mi trovo lì per altri autori, mi ha reso felice». A parlare è la poetessa Adriana Michielin (nella foto qui sopra) che mi ha rilasciato un’intervista in merito alla presentazione del suo libro. «Mi ha gratificata – continua Adriana Michielin – il vedere un buon numero di persone, alcune delle quali non pensavo venissero; inoltre mi ha dato un benessere emotivo anche avere al mio fianco l’amica Manuela Zago e te, Carlo,che mi avete sostenuta con i vostri interventi avvalorando questo momento. Ho cercato, nei giorni precedenti, di pianificare l’evento curandone i particolari come, ad esempio, preparando una breve introduzione per ogni poesia per favorirne una maggiore attenzione; mi pare in questo di esserci riuscita. Mi sento di affermare, quindi, con piacere, che la presentazione sia andata bene e sicuramente oltre le mie aspettative».
Adriana, rispondendo a una domanda su cosa è per te la poesia, hai risposto definendola “liberazione”. Possiamo approfondire questo aspetto?
A questa domanda ho risposto esattamente con la parola “Libertà”, intendendo dire che per me la poesia è libertà di espressione e consiste nell’esternare, con il dovuto rispetto, ciò che ho colto da più fonti, da vari elementi o contatti e mi sono rimasti dentro. È un modo per esprimere ciò che mi ha colpito, fatto gioire o ferito come ho accennato all’inizio della presentazione del libro. Per quanto mi riguarda, quindi, la poesia è una forma di libertà che diventa liberazione.
Le donne come Matilde Serao e Catarina Segurana trovano molto spazio nelle tue poesie...
Sono due figure femminili vissute in epoche diverse; la prima a cavallo tra il 1800 e il 1900, l’altra invece nel sedicesimo secolo. La Serao, giornalista e scrittrice nata a Patrasso in Grecia nel 1856 e vissuta a Napoli dove morì nel 1927, si distinse non solo nel campo lavorativo, dove essendo una donna ha dovuto faticare non poco per emergere ed imporsi, ma anche a livello umanistico per la sua operosità a favore degli emarginati, degli indigenti facendosi portavoce di chi era nel bisogno. Caterina Segurana invece era un’umile lavandaia nizzarda che nel nel 1543, quando i turchi invasero Nizza, combatté in prima linea liberando la sua città. Di queste due donne coraggiose ed intraprendenti mi ha appassionato la loro storia, i loro profili molto diversi una dall’altra, ma ugualmente intensi e coinvolgenti e per questo ho voluto dedicare loro dei versi.
Come è nata la poesia dedicata all’operaio del petrolchimico di Marghera?
Premetto, che sia nel titolo che nei versi non menziono alcuna località. Dopo questa precisazione, rispondo che la poesia è nata dopo aver letto il libro del giudice Felice Casson intitolato “La fabbrica dei veleni” nelle cui pagine viene raccontata, tra l’altro, la storia di Tullio, il primo della serie di operai colpiti dalla stessa neoplasia che li ha portati alla morte. Una patologia causata dall’aver respirato polveri nocive nell’ambiente di lavoro tra l'incuria dei responsabili che dovevano tutelare la salute dei dipendenti. Questa vicenda assurda mi aveva toccata profondamente, della quale, anche alcuni canali d'informazione all'epoca ne avevano parlato, e per tale motivo ho deciso di dedicare una poesia a questa tragedia sociale che ha colpito molte famiglie, beffate poi dall'epilogo di questa storia... In “Filo d’erba” si trova anche un'altra lirica scaturita dalla lettura di un libro ed è intitolata “Foibe”. Lo spunto è stato dato dal libro “Esodo”, un'opera del giornalista e scrittore Arrigo Petacco che ho conosciuto anni fa durante una sua conferenza proprio su questa tragedia.
Questa tua prima raccolta è dedicata a Joele. Sono davvero importanti gli affetti familiari?
Joele è il mio primo nipotino ed ha portato nella famiglia una grande gioia ed una vitalità indescrivibili. Io ritengo che in essa ruotino gli affetti più importanti della nostra vita: è il luogo dove si muovono i primi passi, si apprendono le prime nozioni e si concentrano le emozioni più rilevanti. È inoltre il rifugio su cui versare le nostre apprensioni e dove si possono condividere felicità e momenti straordinari. Purtroppo una persona senza famiglia non ha radici, non ha appigli su cui aggrapparsi nel bisogno e penso ai bambini abbandonati e alle persone anziane e malate senza figli, senza nessuno... Che tristezza...
Riguardo alla presenza del pubblico in sala, cosa ti ha, in particolare, colpito?
In primis non mi aspettavo così tante persone, lontanamente pensavo che si riempisse la sala “Marcello Zago” della Casa della Comunità dove si è svolto l'evento; l'interesse per la poesia non è molto sentito e quindi sono rimasta felicemente sorpresa. Ciò che soprattutto mi ha colpita è l'attenzione che ho riscontrato nel pubblico e questo mi ha fatto piacere, poiché ritengo che anche attraverso questa forma culturale meno seguita di altre, si possano trasmettere molteplici segnali, e affrontare ed approfondire argomenti sociali di rilevanza. Condivido quanto diceva Italo Calvino a riguardo: “La poesia è l'arte che fa entrare il mare in un bicchiere”, ed è per questo che auspico che sempre più persone vi si avvicinino e si appassionino.
Oltre ad essere un momento dedicato alla poesia, la presentazione del tuo libro è stata anche un'occasione di solidarietà... Perché hai scelto di consegnare tutto l'incasso della vendita dei libri alla parrocchia di Villorba?
La parrocchia è una grande famiglia comunitaria della quale anch'io appartengo e, in quanto membro, ritengo di dover contribuire ogni tanto, in base alle mie possibilità e disponibilità, al bene e alle necessità di cui ha bisogno. Mi si è presentata questa occasione “extra” e sono lieta di aver dato questo apporto...
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul seguente collegamento: Libri di Carlo Silvano
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