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La missione del prete

Qui di seguito inserisco la bozza del primo capitolo intitolato "La missione del prete", tratto dal volume "Il prete visto dai giovani". Per motivi tecnici non sono state inserite le relative tabelle.

La missione del prete

Quale dovrebbe essere la missione di un prete? A parte i 5 studenti che non hanno dichiarato il proprio genere, dalle risposte offerte da 516 ragazzi (169 maschi e 347 femmine) abbiamo che circa il 56% dei soggetti convolti ritiene che la missione di un prete debba essere quella di aiutare le persone ad avvi-cinarsi a Dio. In particolare, tale opinione è più marcata nelle ragazze (59%) e meno nei ragazzi (50%). Nel confrontare i dati ricavati col questionario si nota che tale opinione è fatta propria anche dal 46% degli studenti che hanno dichiarato di non essere mai entrati in una chiesa negli ultimi dodici mesi. Quindi, anche un rilevante numero di studenti che è distante sia dalla partecipazione ai riti che dalla vita ecclesiale, ritiene che la missione del prete cattolico debba collocarsi nella sfera spirituale.

Nel sentire comune ci si aspetta che un prete aiuti i poveri, ma da questa indagine emerge che tale ruolo viene, poi, sollecitato solo da poco più del 13% degli studenti (maschi 13% - femmine 14%). Difatti, osservando la tabella n. 1 notiamo che l'at-tenzione si concentra attorno al dato della dimensione spirituale, ed è da notare che il numero degli studenti che hanno barrato la casella “non so” è quasi irrilevante (maschi 7% – femmine 3%).

In merito ad altri quesiti la casella “non so” è stata ampiamente barrata, in particolare sul tema dell'obbedienza dei preti nei confronti del vescovo (maschi 31% – femmine 29%), domanda risultata poco interessante e significativa per gli studenti, e sul modo in cui si pongono i parroci rispetto alle problematiche delle famiglie che vivono sul proprio territorio parrocchiale (maschi 27% – femmine 18%). Agli studenti è stato anche chiesto se la missione del prete potesse essere quella del “moralizzatore” (“ricordare a tutti l'importanza di osservare i propri doveri”) oppure se potesse essere collegata al mondo della cultura, ma le risposte ottenute sono trascurabili o, addirittura, irrilevanti; solo meno del 3% dei maschi, ad esempio, ritiene che la missione di un prete possa essere quella di impegnarsi nel mondo della cultura.

Per la maggioranza degli studenti coinvolti nella presente indagine la specifica missione del prete dev'essere, dunque, quella di sostenere e incoraggiare l'avvicinamento a Dio da parte di ogni singola persona. In altre parole, i giovani che sono stati coinvolti nella presente ricerca guardano il prete come riferimento spirituale e non come una sorta di assistente sociale a beneficio dei bisognosi e dei poveri.

E' interessante, a questo punto, riportare alcune affermazioni che gli studenti hanno annotato accanto alla domanda posta nel questionario. Una studentessa nata nel 1995 in un Paese dell'Est post-comunista, ad esempio, scrive che la missione del prete dovrebbe essere quella di “cercare di guidare tutti, atei e credenti, verso il bene comune”. E' una ragazza del liceo “Duca degli Abruzzi”, vive a Treviso, conosce “poco” il proprio parroco e frequenta sporadicamente i luoghi di culto. I preti dovrebbero “aiutare le persone ad avvicinarsi agli altri, ai più deboli, ai più poveri, e sempre con fede e speranza in Dio”, è quanto scrive una ragazza del 1996, residente a Noale e studentessa al “Duca”. Conosce “abbastanza” il proprio parroco e ritiene utile che un seminarista maturi una significativa espe-rienza lavorativa e auspica pure che una volta ordinato sacerdote sia orientato ad abitare in una struttura che accolga anche delle famiglie. “Un prete – scrive la studentessa – può avere una famiglia propria e ciò lo aiuterebbe a capire meglio le varie relazioni familiari”. “Aiutare le persone ad essere dei bravi cristiani nella vita quotidiana”, è quanto scrive uno studente nato a Treviso (1995), residente a Silea e iscritto al “Duca”. Conosce “poco” il proprio parroco, si considera praticante e ritiene che quando un sacerdote predica dovrebbe sia sottolineare l'importanza di aiutare le persone bisognose che annunciare Cristo e il Vangelo; a suo avviso, inoltre, un seminarista dovrebbe matu-rare un'esperienza lavorativa e poi, una volta ordinato prete, vivere in canonica insieme ad altri sacerdoti. “Aiutare le persone e consigliare chi ha bisogno” è ciò che pensa uno studente del “Giorgi”, nato nel 1995. Negli ultimi dodici mesi è stato in chiesa da una a cinque volte, e a suo avviso i seminaristi devono maturare anche un'esperienza lavorativa; poi, da preti, vivere insieme ai propri familiari, “anzi”, dovrebbero avere una propria famiglia. “Essere «accompagnatori» del popolo non solo in ambito religioso”, è quanto scrive una studentessa del “Mazzotti”, ed aggiunge di conoscere “molto bene” il proprio parroco, e che i preti sono apartitici e obbediscono al vescovo solo in certi ambiti, come quello dottrinale.

Tra le risposte polemiche riportiamo “[i preti] sono inutili”. E' ciò che ha scritto una studentessa che frequenta l'Istituto “Mazzotti” e non sa chi sia il proprio parroco. Pensa anche che i preti votino i partiti di sinistra, che abbiano un reddito dignitoso e non sappiano nulla delle problematiche che devono affrontare le famiglie perché hanno altri interessi. La studentessa non è mai entrata in una chiesa negli ultimi dodici mesi e, riguardo alla vocazione sacer-dotale, scrive: “Non saprei [cosa spinge un giovane a farsi prete], dato che dedicano la loro vita a un Dio che in realtà non si ha la prova che esista, perché se così fosse, molte cose sarebbero diverse in questo mondo”. Un'altra studentessa scrive: “Fare i riti religiosi per i credenti e limitarsi a quello, senza entrare in dispute politiche”. Anche questa ragazza frequenta il “Maz-zotti”, non è mai entrata in una chiesa negli ultimi dodici mesi, non conosce il proprio parroco, ritiene che i preti votino i partiti di destra e che non sappiano nulla delle problematiche familiari. A suo avviso, inoltre, è opportuno sia che un seminarista maturi una significativa esperienza lavorativa prima dell'ordinazione sacerdotale, sia che più preti vivano insieme in canonica. Ritiene infine che i preti dispongano di cospicue somme di denaro per le proprie esigenze e riguardo a cosa possa spingere un giovane a farsi prete, scrive: “Non ne ho idea, dichiarano di essere chiamati da Dio ma credo siano solamente idiozie, la Chiesa è solo un'associazione finta perbenista che in realtà sfrutta le persone ingenue”.

La tabella n. 1 indica che il 59% delle ragazze ritiene che la missione del prete sia quella di aiutare le persone ad avvicinarsi a Dio. Se concentriamo l'attenzione su questa quota composta da 204 ragazze e se confrontiamo i dati ottenuti da altre risposte, possiamo osservare che tale gruppo è sostanzialmente composto da tre “anime”. Una prima anima riguarda le ragazze che non frequentano i riti religiosi, un'altra è composta da ragazze che negli ultimi dodici mesi si sono ritrovate in chiesa da una a dieci volte, mentre l'ultima “anima” comprende le ragazze che possono essere definite “praticanti”.

La tabella che segue mostra i dati riguardanti la quota esaminata. Per quanto riguarda la scuola frequentata abbiamo, su 204 ragazze, 85 studentesse del liceo “Duca degli Abruzzi”, 108 dell'Istituto tecnico “Mazzotti”, 6 dell'Istituto professionale “Giorgi” e, infine, 5 che hanno frequentato la classe quinta di un liceo trevigiano (anno scolastico 2013-2014). Nella tabella che segue sono riportate anche le percentuali riguardanti le due scuole che hanno il maggior numero di allievi. Confrontando le percentuali si nota come gli studenti che si formano nell'Istituto tecnico “Mazzotti” siano sostanzialmente uguali sia se riferiti ai maschi che alle femmine, mentre se confrontiamo i dati ottenuti al Liceo “Duca” notiamo sia una sostanziale differenza tra maschi e femmine, sia tra le femmine che si formano al Liceo con quante studiano all'Istituto tecnico.

Continuando ad osservare questo consistente gruppo di studentesse si rileva che solo 16 soggetti, l'8% della quota esaminata, ritiene che il prete debba vivere da solo in canonica, mentre per ben 165 ragazze, pari all'81%, il prete deve vivere insieme ad altre persone. Dobbiamo allora concludere che per questa rilevante quota di studentesse il prete per adempiere bene la sua missione – e cioè quella di aiutare le persone ad avvicinarsi a Dio – è chiamato a confrontarsi e a condividere tempi e spazi abitativi con altri soggetti? Lasciando sotto la lente questa quota di studentesse andiamo a toccare un aspetto molto importante della formazione umana del prete in vista della sua missione e cioè quella che riguarda la dimensione lavorativa. Attraverso il questionario è stato, infatti, chiesto agli studenti di rispondere in merito all'opportunità o meno per un seminarista di maturare una significativa esperienza lavorativa prima di essere ordinato prete.

La tabella n. 6 mostra i dati riguardanti la quota delle 204 studentesse presa in esame: si evince che per il 71% delle studentesse rientranti nella quota esaminata un prete può esplicitare bene la propria missione se ha maturato una solida esperienza nel mondo del lavoro, così da conoscerne le dinamiche, le conflittualità e le fatiche. Un altro aspetto che merita attenzione è come le studentesse della quota esaminata si pongono di fronte ad un valore forte della dimensione costitutiva del prete, ovvero il valore del celibato, e per tale motivo nel questionario è stata formulata una domanda utile a capire se per gli studenti il celibato aiuti o meno il singolo prete ad adempiere la sua missione di avvicinare le persone a Dio.

La tabella n. 7 mostra i dati raccolti. Anche una rilevante quota di maschi (50%) ha risposto che la missione di un prete dovrebbe essere quella di aiutare le persone ad avvicinarsi a Dio. In tale quota, formata da 84 studenti, abbiamo 27 iscritti al liceo “Duca degli Abruzzi”, 21 al tecnico “Mazzotti”, 28 al professionale “Giorgi” e, infine, 8 studenti che hanno frequentato la classe quinta di un liceo cittadino (anno scolastico 2013-2014). Su 84 studenti, 23 hanno dichiarato di non aver mai partecipato ad un rito religioso negli ultimi dodici mesi; 38 sono entrati in una chiesa da una a dieci volte nell'arco dell'ultimo anno, e, infine, 23 studenti hanno dichiarato di partecipare ai riti con una certa frequenza.

La tabella che segue (n. 8) mostra i dati relativi alla frequenza ai riti da parte del gruppo dei maschi esaminato e confrontato con l'analogo gruppo delle femmine. Dalla tabella n. 8 si evince come, rispetto alle studentesse, i maschi frequentino di meno i luoghi di culto pur avendo la stessa opinione in merito alla missione del prete. La domanda relativa a quale può essere la missione di un prete si poteva rispondere anche barrando la casella “altro”, e questa è stata utilizza da 77 studenti (27 maschi e 50 femmine), pari al 15% della popolazione studentesca presa in esame.




La parola agli studenti
Come è stato già scritto, nel questionario è stato inserito un spazio accanto alla domanda in modo che gli studenti potessero offrire una risposta aperta, cosa che molti hanno fatto, e qui di seguito vengono riportate quelle più significative o più frequenti.

“Aiutare le persone a diventare migliori” (Maz. 197/480);

“Aiutare non solo il prossimo povero ma anche quello ricco dal punto di vista morale; quello povero possibilmente oltre che moralmente anche economicamente” (Duca 72/107);

“...ascoltare le persone e fungere da «esempio»” (Maz. 142/360);

“Sostenere le persone nei momenti di difficoltà e non” (Maz. 203/486);

“Risolvere dubbi sulla teologia e la Chiesa di un tempo e di oggi” (Duca 81/116);

“Insegnare e trasmettere l'importanza della vita e dell'aiuto agli altri” (Maz. 132/350);

“Pregare e aiutare i bisognosi” (Maz. 164/447);

“...Trasmettere la fede in Dio” (Duca 82/117);

“Insegnare a vivere e pensare al positivo, di credere che Dio (o la forza) e il mondo ci protegge. Che va tutto bene” (Maz. 209/492);

“Fungere da tramite tra la comunità e Dio, spiegato in modo molto dottrinale se vogliamo” (Duca 95/130);

“Aiutare le persone a fare pace” (Maz. 212/495);

“Dare un sostegno morale e […] monetario ai bisognosi” (Maz. 113/331);

“Aiutare le persone a comprendere la religione per vivere meglio” (Maz. 49/267);

“Essere attivi nella comunità e aiutare tutti i fedeli che necessitano” (Maz. 62/280);

“...aiutare le persone anche nei loro problemi emotivi” (Duca 103/138);

“[fare] volontariato in qualsiasi forma” (Maz. 68/286);

“Portare nelle famiglie la possibilità di avvicinarsi a Dio e trovare in esso una «consolazione»” (Maz. 70/288);

“Aiutare le persone a capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, anche con la religione” (Maz. 71/289);

“Essere vicino e aiutare e fare da guida alla propria comunità” (Maz. 73/291);

“Condividere e arricchire la propria fede con i propri fedeli e rispettare le idee di tutti, anche quelle che vanno contro la Chiesa” (Maz. 75/293);

“Educare all'amore di Dio” (Maz. 147/365);

“Aiutare tutti a non smarrirsi nella brutta via” (Maz. 146/364);

“Non fare della casa di Dio un mercato” (Maz. 214/497);

“Aiutare le persone, qualsiasi sia la loro religione, situazione, ecc.” (Maz. 184/467);

“L'importanza di cosa significhi essere una comunità, però vista in modo ampio e non solo composta da persone del quartiere e sottolineare quindi l'importanza di aiutare il prossimo e di accettarlo”;

“...aiutare le persone che vivono momenti di difficoltà, qualsiasi difficoltà, e non solo i poveri”.

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