Propongo, qui di seguito, la prefazione che Olivo Bolzon ha preparato per il volumetto "Il prete visto dai giovani".
Prefazione
di
Olivo Bolzon
Ritengo importante
leggere e far conoscere questo lavoro che il dott. Carlo Silvano ha
curato interpretando in maniera molto diligente e attenta la
percezione che un bel gruppo di giovani ha della figura del prete. E’
un’indagine accurata e anche notevole sia per il numero degli
intervistati, sia per le risposte che questi giovani, appartenenti a
quattro istituti di scuole medie superiori di Treviso, danno al
questionario.
Il resoconto è il
risultato di un dialogo impegnativo cui i giovani hanno risposto con
serenità. La lettura diventa così un dialogo che non solo
incuriosisce ed avvince, ma che si fa anche sempre più interessante,
tanto che confesso di averlo letto dalla prima all’ultima parola
tutto di seguito.
E’ un dialogo perché
al lettore vengono date risposte personali e di gruppo degli
intervistati e si fa via via sempre più avvincente perché
leggendolo mi sembrava che ognuno di loro esprimesse a me,
interessato a conoscerli, i loro pensieri e la loro partecipazione
alla vita religiosa.
Sono evidenti tre piste
di soggetti che collaborano a far conoscere il mondo religioso in cui
vivono. Come sacerdote, pur in una provincia veneta dove la religione
è sicuramente un elemento culturale che influisce ancora nella vita
quotidiana del popolo, un lavoro così serio e ben presentato è
senz’altro non una semplice curiosità, ma l’acquisizione di
quanto vivo possa essere il valore religioso di questi giovani. Devo
confessare che non si tratta di scoperte totalmente nuove: vivendo
oramai da tanti anni in questa diocesi dove sono nato e ho operato,
posso dire che non ho trovato novità sconvolgenti, ma una seria
espressione di questa gioventù che si accinge a vivere un ruolo
sempre più determinante per la vita civile e religiosa. E’
soprattutto questo il dono ricevuto. Questi giovani si incontrano nel
mondo religioso, e in particolare nel mondo della Chiesa cattolica,
come soggetto che vuol superare un’eredità religiosa ancora molto
forte nei nostri normali ambienti parrocchiali. Sembra siano
interessati al cambiamento di usi e costumi religiosi presenti nelle
famiglie e in loro stessi. Pare ci sia un distacco e un certo
disinteresse per la vita della Chiesa in parrocchia.
Il fatto religioso si
incentra sempre nel rapporto con la chiesa del loro paese. Per alcuni
il valore della religione è superato. Quelli che ancora continuano
ad avere o coltivano un senso religioso della vita, lo vivono dentro
la comunità ecclesiale cristiana. E’ quasi assente l’interesse
per altre chiese o altre religioni. La quasi totalità ha un rapporto
con la Chiesa cattolica protagonista indiscussa e totalizzante del
fatto religioso con il quale tutti si incontrano.
Il grande e fondamentale
senso religioso che coinvolge la vita e in qualche modo determina
anche l’uso del tempo, il modo di pensare, la vita relazionale è
per tutti legato alla Chiesa cattolica.
Anche coloro che
manifestano totale indifferenza per la vita religiosa, vivono
conoscendo pratiche ed esistenza della Chiesa, come colei che nella
nostra realtà è deputata al rapporto con Dio. Coloro che dichiarano
disinteresse totale per ogni tipo di inserimento nella vita della
Chiesa e di conseguenza per Dio e che dunque non partecipano in
alcun modo alla vita della Chiesa e ai riti cristiani –
di cui conoscono l’esistenza, ma che non praticano –
restano una minoranza. Tutti gli altri frequentano infatti in
circostanze particolari il rito della Messa, anche se solo poche
volte. Un certo numero resta anche tradizionalmente fedele a quella
che per tutti è il segno dell’appartenenza alla religione
cattolica, cioè la Messa ogni settimana, oppure vi partecipa
sporadicamente e in qualche circostanza.
In questa cornice ben
valutata e descritta nelle varie tabelle riassuntive o direttamente
spiegata da coloro che nei confronti della religione scrivono
risposte personali, si vede che per i nostri giovani il fatto
religioso resta relazione con la Chiesa del proprio paese. Da questo
punto di vista, il rapporto con Dio più che essere un rapporto
personale è un fatto di tradizione. La nostra inchiesta aiuta me
sacerdote ad avere un'attenzione nuova e ad approfondire quello che
personalmente resta fondamentale.
Se a tutti i miei
colleghi sacerdoti, se a tutte le famiglie degli intervistati potessi
rivolgermi, direi che il fatto religioso nella gioventù ha bisogno
di approfondimento, di relazione personale, di realtà quotidiana. Ci
fa bene conoscere in maniera non generica il tipo di religione che
questa gioventù desidera. Dalle loro risposte non emerge una
particolare ostilità per la Chiesa: anzi, i ragazzi sono molto
attenti a chiedere a noi preti una coerenza nella vita quotidiana, e
non di certo la mera pratica esterna della religione. Nella vita del
prete resta per loro segno di coerenza l'annuncio del Vangelo e il
rapporto con i poveri. Non sono tanto interessati alla catechesi,
alla liturgia, ai gruppi parrocchiali, ma si aspettano da noi preti
un servizio autentico, vissuto in una particolare comunione con
Cristo e con il mondo dei poveri. E’ perciò importante per noi
adulti, in particolare per noi preti, che ci accostiamo al mondo
giovanile soprattutto nella gratuità e cercando di conoscere
personalmente e comunitariamente l’orizzonte nel quale essi vivono
e che indicano come fatto religioso fondamentale per la loro vita.
Per questo ringrazio il
dott. Silvano che ha proposto e raccolto con serietà questa indagine
e auspico che questo impegno si possa condividere con la nostra
Chiesa, in particolare con il nostro servizio sacerdotale. Mi sembra
che si potrebbe incrementare questa ricerca ascoltando il mondo in
cui i giovani vivono e nel quale vorrebbero essere protagonisti del
fatto religioso. Per tutti la figura del prete deve compiere un
servizio di mediazione che non è più dottrinale, ma di
testimonianza personale che poi diventa concretezza e condivisione
della vita quotidiana specialmente nei confronti dei poveri. Forse è
viva e certamente benefica la figura dell'attuale Pontefice, papa
Francesco. A mio parere è importante anche continuare questa ricerca
perché non resti un fatto isolato, ma aiuti giovani e adulti ad
essere coinvolti e diventare servi di una nuova cultura e di una
società che cambia nel senso dell’amicizia, dell’uguaglianza,
dell’impegno personale.
Leggendo questo lavoro mi
sono convinto che c’è fame e sete di autenticità e di impegno nel
mondo dei giovani. Vorrei suggerire che in altre scuole e nelle
parrocchie si possa con serietà mettersi in ascolto dei giovani. E’
anche importante approfondire con altre inchieste di questo genere
il problema religioso, realtà fondamentale per la vita umana.
Sarebbe importante
soprattutto entrare nel sentire dei giovani e immaginare chi è Dio e
come Egli è presente nella vita personale e sociale. Dalle loro
risposte sembra che Dio sia un dato scontato, che un rapporto
personale con Lui non sia nemmeno immaginato, che la sua presenza
nella vita umana sia qualcosa di generico.
Anche la vita personale
di coloro che parlano di Dio sembra qualcosa di abitudinario e
potrebbe essere sviluppata una ricerca più approfondita. La vita dei
rappresentanti di Dio, degli adulti e di una società in cui il
rapporto con Dio risulta sempre più astratto e lontano richiede
nuovi atteggiamenti anche istituzionali. Non lo dicono espressamente
i nostri giovani, ma sottolineano molto una religione che vada oltre
l’abitudine, che sia un fatto personale e dia origine a strutture
religiose e sociali più autentiche e coinvolgenti.
Mi auguro che questa
iniziativa possa essere di aiuto a tutta la comunità diocesana e ci
indichi la strada per creare più comunione tra adulti e giovani in
un autentico fondamento
religioso.
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