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Pio Ortelli, uno scrittore sincero

In Italia è poco conosciuto, eppure il suo stile limpido e i temi che affronta affascinano il lettore sin dalle prime pagine. Nato nel 1910 nella cittadina di Mendrisio, nel Canton Ticino, lo scrittore svizzero Pio Ortelli si afferma con un romanzo pubblicato nel 1948 intitolato “La cava della sabbia”: una storia in parte autobiografica, dove emergono con forza le fatiche, le ansie e i tormenti di una famiglia che riesce a vincere la povertà con il duro lavoro alla cava di sabbia di sua proprietà. E' un romanzo che offre un spaccato della società ticinese dei primi decenni del Novecento e affascina ancora oggi per la profondità interiore dei suoi protagonisti. Un romanzo che meriterebbe di essere pubblicato da un editore italiano così da proporlo anche ai lettori del Belpaese. Ecco, con l'intervista che segue, come il prof. Renato Martinoni, ordinario di letteratura italiana all'Università di San Gallo, presenta Pio Ortelli (morto nel 1963) e la sua opera.

Prof. Martinoni, secondo lei quali sono i caratteri originali della narrativa di Pio Ortelli?
Ortelli è figlio del suo tempo. Nasce in una provincia e della provincia porta inevitabilmente anche i caratteri. Ma cerca subito di aprirsi, di conoscere, di fare delle esperienze letterarie. La sua originalità sta forse, un poco paradossalmente, nella sua fedeltà al paese in cui è cresciuto e al quale cerca di prestare la propria voce. Fa quello che anche altri, accanto a lui, fanno. Ci mette però molta sincerità e tanta buona voglia. Il grado di novità non è elevato. Ma si può essere originali anche scegliendo la via meno tortuosa.



Pio Ortelli

Il romanzo "La cava della sabbia" fu pubblicato nel 1948: come si può descrivere, in sintesi, il panorama culturale e sociale entro il quale viene accolta l'opera?
Sono anni di grande vivacità intellettuale. L'Europa è appena uscita dalla guerra e sta ricostruendo se stessa. Anche il mondo culturale è assai attivo: riflette sulle tragedie vissute, dialoga con il mondo, è pieno di energie positive. La Svizzera italiana aveva avuto la fortuna di anticipare quasi, in un clima di libertà e di democrazia, questi orientamenti post-bellici. Dopo il 1943 erano arrivati parecchi fuoriusciti italiani che avevano portato un'aria di novità, molti stimoli, proposte interessanti, aggiornamenti culturali. È in questa temperie che il giovane Ortelli apre occhi e orecchie.

A suo avviso quanto c'è di autobiografico nel romanzo "La cava della sabbia"?
Ortelli è spesso autore autobiografico: nel senso che vuole farsi testimone di una civiltà, vuole documentarne i caratteri sociali e sentimentali; ma anche perché vuole ripensare le proprie esperienze personali. “La cava della sabbia” è un romanzo che narra una vicenda, almeno nei suoi tratti principali, reale. Anche la morte del fratello è qualcosa che è avvenuto davvero. E allora la scrittura diventa, almeno in parte, strumento di catarsi.

Sono diversi i valori umani che si respirano leggendo le pagine de "La cava della sabbia". Quali sono le sue considerazioni?
Dicendo "valori umani" c'è da pensare ai "valori" di una civiltà, quella contadina, che cerca di restare se stessa anche se il mondo sta rapidamente cambiando. Il protagonista del romanzo è colui che lascia questo mondo, non senza rimorsi e sensi di colpa, per cercare almeno di riscattarlo. Il prezzo da pagare è però alto, tanto da far pensare quasi a un "tradimento". È, quello della perdita dei valori, uno dei temi più ricorrenti della letteratura di quegli anni.



Prof. Renato Martinoni, ordinario di letteratura italiana
all'Università di San Gallo (Svizzera)


Cosa ha impedito, secondo lei, una buona affermazione in Italia della narrativa di Pio Ortelli?
Probabilmente quello che impedisce a quasi tutti gli autori svizzeri di lingua italiana di essere letti e conosciuti in Italia: il fatto di pubblicare i loro libri in Svizzera, con la conseguente difficoltà di diffonderli in Italia; la qualità, che non sempre raggiunge livelli sufficientemente "alti"; un certo atteggiamento di superiorità (o di protezionismo culturale, che forse è la stessa cosa) da parte del "Belpaese".

In "La madre di Ernesto" lo scrittore di Mendrisio pone l'accento sui tentennamenti e sui tormenti interiori del protagonista. Sono paure che riguardano solo gli uomini che hanno vissuto al tempo di Ortelli oppure riguardano anche le persone del nostro tempo?
Con questa domanda ci allontaniamo dallo scrittore per entrare in una dimensione assai più larga. Le inquietudini dell'uomo non hanno tempo, ma appartengono alla ragione - e alla coscienza - dell'uomo. In questo senso Ernesto, l'uomo buono e scorbutico che vive con la madre, può essere anche un personaggio del nostro tempo.

Quali sono, secondo lei, i pregi e i limiti del racconto "La borsetta", inserito nel volume intitolato "La madre di Ernesto"?
È la storia di una borsetta (e dello stipendio di una povera famiglia) finita per sbaglio in una bara, e con la bara sottoterra. E del macabro "recupero" dei soldi che appare a tutti come uno scempio o un atto brutale. In realtà chi scava nella fossa per aprire la bara è solo un poveraccio che deve riavere quello che gli serve per sopravvivere. Da un lato c'è la morte, con il suo alone di mistero e di sacralità; dall'altro la vita, con le sue miserie. Questo racconto spiega come due mondi possano convivere. A volte, forse, basta un pizzico di ironia per sgonfiare quello che sembra irrisolvibile.

In base ai suoi studi sulla narrativa di Ortelli, con quali parole sente di poterne descrivere la dimensione religiosa?
Mi sembra una religiosità un poco "laica", intesa come valore di vita, morale, senso del dovere e della misura, lotta per la dignità.

Oggi - secondo lei - Pio Ortelli cosa può dire ai giovani?
Questa è la domanda più difficile. Può dire quello che tutti gli scrittori possono dire: molto, per chi li vuole ascoltare; poco, per chi non ha il tempo o la voglia di farlo. Io credo che Ortelli possa essere letto soprattutto come testimone di un'epoca: con i problemi del mondo che descrive, con la visione delle cose della società che rappresenta, con i sentimenti dei "personaggi pensierosi" che vivono, o che cercano di vivere, nelle sue pagine. (a cura di Carlo Silvano)

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