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Visualizzazione dei post da giugno, 2025

Raccontare il dolore, dire il silenzio: "La figlia del professore" (romanzo)

  Raccontare il dolore, dire il silenzio Scrivere La figlia del professore è stato, per me, un atto necessario: un’urgenza interiore di dar voce a ciò che spesso resta sommerso nel fondo della riflessione personale e della coscienza. È stato anche — e forse soprattutto — un esercizio di consapevolezza sociale, un tentativo di restituire al lettore una narrazione che potesse contribuire a decifrare il nostro tempo. In questa prospettiva, ho sentito il bisogno di rileggere tanti miei articoli e pensieri sparsi alla luce della sociologia della letteratura , che interroga i testi letterari come documenti simbolici e sociali, specchi e insieme vettori dei mutamenti culturali. La letteratura, lo sappiamo, non si limita a rappresentare il reale: lo plasma, lo interroga, lo mette in tensione. La letteratura rivela proprio ciò che non riesce a dire pienamente. In questo senso, La figlia del professore è un libro che parla molto attraverso il non detto : ciò che non si è detto in t...

La figlia del professore, capitolo I

  Capitolo I Erano le due del pomeriggio e la luce di maggio entrava fioca dalle veneziane chiuse a metà. In cucina, il tempo sembra­va sospeso. I piatti di plastica riutilizzati, le posate sparpagliate sulla tovaglia azzur­rina e logora, due bicchieri con il fondo opaco per i lavaggi approssimativi: tutto sapeva di stanchezza. Lui sedeva composto, con la schiena curva, come se volesse occupare meno spazio possibile nel mondo. Davanti a sé un piatto di riso bianco, tiepido e insipido. Ogni tanto sollevava lo sguardo e la vede­va. Lei era lì, dall’altro lato del tavolo, sve­stita, le spalle ossute e pallide, la pelle se­gnata da lividi vecchi e nuovi, i capelli spettinati raccolti in un nodo improvvisa­to. Mangia con lentezza, senza appetito. Non si parlano. Non serve. Si sono già detti tutto o forse non si sono mai detti nulla. Poi il campanello. Un suono metallico, inopportuno, che rompe il silenzio e fa trasalire entrambi, ma lei non mostra sor­presa. Si alza, sbuffa...

Non avrai altro Dio al di fuori di me

    Un solo Signore: la fedeltà al Primo Comandamento nell’era del sincretismo di Carlo Silvano Ogni giorno il primo comandamento – “Non avrai altro Dio al di fuori di me” (Es 20,3) – viene messo alla prova non solo da forme esplicite di idolatria, ma anche da un sincretismo più sottile. Molti fedeli, attratti dalle pratiche orientali o da filosofie alternative, rischiano di contaminare la purezza della fede cattolica, adottando tecniche spirituali che, pur spesso innocue in apparenza, introducono concezioni che disperdono il primato di Dio. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) , il Primo Comandamento difende la fede, la speranza e la carità. Richiede vigilanza e prudenza nel “nutrire e custodire la nostra fede” e nel respingere i suoi nemici: dal dubbio volontario all’eresia, dall’apostasia alla superstizione 1 . Pratiche come oroscopi, magie, viaggi interiori senza ancoraggio cristiano vengono categorizzate come superstizioni 2 . Esse non so...

"La figlia del professore", Perché una storia così dura ?

  Ci saranno dei lettori che riguardo al mio romanzo intitolato “La figlia del professore” ( sarà pubblicato entro la metà di giugno 2025 ) si chiederanno : perché scrivere una storia così dura? Così cupa, apparentemente senza vie d’uscita? La mia risposta è semplice: perché la letteratura non deve consolare, ma svegliare. Non deve nascondere la realtà, ma renderla visibile. E in questo romanzo, la realtà che ho voluto raccontare è fatta di emarginazione, silenzio, degrado. Ma è anche una realtà attraversata da lampi di dignità, da resistenze interiori che non fanno rumore, ma esistono. Il padre, il professore, non è un santo. È un uomo che ha sbagliato, che ha taciuto quando avrebbe dovuto parlare, che ha rinunciato a lottare fino in fondo. Ma è anche un uomo che prova ancora a interrogarsi, a comprendere, a fare i conti con ciò che ha lasciato marcire. La figlia, dal canto suo, non è un simbolo della colpa. È una creatura ferita, ma ancora capace di desiderare una via d’uscita...