Luce d’Oriente:
la Chiesa universale
alla scuola delle sue radici
di Carlo Silvano
Nel discorso pronunciato il 14 maggio 2025, papa Leone XIV ha rinnovato con forza l’appello alla Chiesa universale affinché riconosca, custodisca e promuova il patrimonio spirituale e liturgico delle Chiese orientali, soprattutto nel contesto della diaspora. Questo intervento si inserisce in una tradizione magisteriale che affonda le sue radici nella lettera apostolica Orientalium dignitas di papa Leone XIII (1894), proseguita con la Orientale lumen di san Giovanni Paolo II (1995), e culmina oggi in un rinnovato impegno per la valorizzazione delle tradizioni orientali nella vita della Chiesa.
Papa Leone XIII, nella Orientalium dignitas, sottolineava l’importanza della conservazione dei riti orientali, affermando che “la conservazione dei riti orientali è più importante di quanto si creda” . Egli proibiva la latinizzazione liturgica e disciplinare delle Chiese orientali, riconoscendo la legittimità e la dignità delle loro tradizioni. Questa visione è stata ripresa da san Giovanni Paolo II nella Orientale lumen, dove esortava i cattolici di tradizione latina a conoscere e apprezzare le ricchezze delle Chiese orientali, affermando che “la venerabile e antica tradizione delle Chiese orientali è parte integrante del patrimonio della Chiesa di Cristo”.
Nel suo recente discorso, papa Leone XIV ha evidenziato come le liturgie orientali, alcune delle quali ancora celebrate nella lingua del Signore Gesù, coinvolgano la persona umana nella sua totalità, cantando la bellezza della salvezza e suscitando lo stupore per la grandezza divina. Ha inoltre sottolineato l’importanza di riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno e del penthos, tipici delle spiritualità orientali.
Il Pontefice ha espresso preoccupazione per il rischio che, nella diaspora, i fedeli orientali possano perdere la propria identità religiosa a causa di guerre, persecuzioni e instabilità. Ha quindi chiesto al Dicastero per le Chiese Orientali di definire principi, norme e linee guida per sostenere i cattolici orientali della diaspora e preservare le loro tradizioni viventi, arricchendo con la loro specificità il contesto in cui vivono.
Infine, papa Leone XIV ha ricordato le parole di Sant’Efrem il Siro e di Sant’Isacco di Ninive, esortando a vedere la certezza della Pasqua in ogni travaglio della vita e a non perdersi d’animo, riconoscendo che “il più grande peccato è non credere nelle energie della Risurrezione”. Ha affermato che le spiritualità orientali, antiche e sempre nuove, sono medicinali che fondono il senso drammatico della miseria umana con lo stupore per la misericordia divina.
In questo contesto, l’appello di papa Leone XIV si configura come un invito a tutta la Chiesa a riscoprire e valorizzare le ricchezze delle tradizioni orientali, riconoscendole non come elementi marginali, ma come parte integrante e vitale della cattolicità della Chiesa. È un richiamo a vivere la comunione nella diversità, a custodire le radici per affrontare le sfide del presente e a lasciarsi illuminare dalla luce che viene dall’Oriente.
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