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Il dolore di Gesù all’Ultima cena: il tradimento e la fragilità umana

Il dolore di Gesù all’Ultima cena:

il tradimento e la fragilità umana

Durante l’Ultima cena, Gesù rivela ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà» (Mt 26,21). Questa dichiarazione non è solo un annuncio profetico, ma un momento di profonda sofferenza interiore. Gesù, consapevole del tradimento imminente, si commuove profondamente, come riportato nel Vangelo di Giovanni: «Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: “In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”» (Gv 13,21).

La commozione di Gesù non deriva solo dal dolore personale, ma anche dalla consapevolezza della libertà umana e della possibilità di rifiutare l’amore divino. Come sottolinea un commento liturgico: «Non esiste delusione più lacerante di quella che proviene dal tradimento di colui, o di coloro che sono stati più intensamente amati».

Gli apostoli, sconvolti, si interrogano: «Sono forse io, Signore?» (Mt 26,22). Questa domanda riflette la consapevolezza della propria fragilità e la possibilità che ciascuno possa cadere. Come qualcuno ha osservato: «Si può tradire Gesù anche per altri generi di ricompensa che non siano i trenta denari».

Il tradimento di Giuda, che intinge il boccone con Gesù, evidenzia la vicinanza e l’intimità tra i due. Tuttavia, dopo aver ricevuto il boccone, «allora entrò in lui Satana» (Gv 13,27). Questo momento segna la scelta definitiva di Giuda di allontanarsi da Gesù, trasformando un gesto di comunione in un atto di separazione.

Nella nostra quotidianità, siamo chiamati a riflettere su come possiamo tradire Gesù attraverso le nostre azioni, omissioni e compromessi. Ogni volta che scegliamo l’egoismo, l’indifferenza o il peccato, ci allontaniamo da Lui. Tuttavia, la consapevolezza della nostra fragilità ci invita a rimanere vigilanti e a cercare costantemente la misericordia divina.

Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il peccato è presente nella storia dell’uomo; sarebbe vano tentare di ignorarlo o dare a questa oscura realtà altri nomi» (CCC 386). Riconoscere la realtà del peccato e la possibilità del tradimento ci spinge a una conversione autentica e a un rinnovato impegno nella sequela di Cristo.

In conclusione, l’Ultima cena ci invita a contemplare il dolore di Gesù di fronte al tradimento, a riconoscere la nostra fragilità e a rinnovare il nostro impegno a vivere nella fedeltà e nell’amore verso Dio e verso il prossimo. (Carlo Silvano)


 


 

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