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Patrizia Caproni (DSP): “Rimettere l’uomo al centro dell’economia e della politica. Solo così il Triveneto può ripartire”

 

Patrizia Caproni (DSP):

Rimettere l’uomo

al centro dell’economia e della politica.

Solo così il Triveneto può ripartire”

(a cura di Carlo Silvano

Nel Nord-Est, dove la crisi della piccola e media impresa si intreccia con la delocalizzazione e la perdita di coesione sociale, Democrazia Sovrana Popolare propone una lettura alternativa alla globalizzazione economica. Patrizia Caproni (nella foto con Francesco Toscano a sx e Marco Rizzo a dx), sottolinea la necessità di “rimettere al centro l’uomo e il lavoro” e critica la deriva privatistica nei servizi pubblici, dall’istruzione alla sanità. Nell’intervista Patrizia Caproni affronta i nodi dell’autonomia differenziata, delle disuguaglianze territoriali e della sfiducia verso la politica, indicando nella sovranità economica e popolare la chiave per una nuova stagione di sviluppo. Patrizia Caproni è referente Elettorale Nazionale e membro dell’Ufficio Politico (referente Nord Est) del partito Democrazia Sovrana Popolare.

Il Triveneto è storicamente una delle locomotive economiche dell’Italia, ma oggi soffre le conseguenze della delocalizzazione e della precarietà. Qual è la lettura che DSP dà di questa fase, e quali strumenti propone per difendere il tessuto produttivo locale?

Delocalizzazione e precarietà sono senz’altro elementi che caratterizzano non solo il Triveneto, non solo l'Italia, ma l’intera economia che ha subito cambiamenti profondi in nome di una iper-liberalizzazione che tiene conto solo di profitti ed extra-profitti. È scomparsa la presenza dell’uomo, intesa come il fulcro delle attività economiche e produttive. In particolare nel Nord-Est, che si è caratterizzato per la piccola e media impresa, e che ha costruito un tessuto anche sociale importante sulla dimensione di prossimità e di relazione. Tutto questo si sta distruggendo e sgretolando in nome di logiche legate alle multinazionali e alla grande finanza che non hanno sicuramente a cuore la territorialità...

La soluzione?

...Ritornare a considerare l’uomo e l’azione dell’uomo come il cardine e il motore dell’economia e non l’ingranaggio “eliminabile”. Tassiamo a livello locale le multinazionali e diamo un valore, anche ad esempio in fase di appalti, alla territorialità, all’occupazione locale e alla dimensione sociale. Tutto ciò deve diventare un valore centrale, e tutto il resto deve ruotare attorno all’uomo. Ma oggi le logiche sono altre, e sono altrove.

Negli ultimi anni si è parlato molto di autonomia differenziata. Qual è la posizione di DSP su questo tema e che impatto ritiene possa avere sulle regioni del Nord-Est e sui servizi pubblici?

Il tema dell’autonomia differenziata, che in realtà tiene banco da decenni anche se con altri nomi, a volte sembra essere solo una bandierina buona da sventolare per ogni occasione. La nostra posizione di fondo è che non c'è autonomia senza sovranità: ovvero non si può parlare di autonomia se prima, come dice bene il nostro coordinatore nazionale, Marco Rizzo, non ci riprendiamo le chiavi di casa. Se l’Italia non possiede più sovranità come può “cedere” autonomia (ovvero pezzi di sovranità) alle Regioni? Sarebbe solo una riforma di facciata. Il concetto dei Lep, ad esempio, dei servizi minimi essenziali che sono fulcro di questa riforma, sarebbe interessante che venissero applicati con o senza autonomia; ma oggi, anziché destinare le risorse a servizi, come scuola e sanità, decidiamo di destinare milioni di euro in armi, sottoposti ai diktat dell’Unione europea e non solo, siamo eterodiretti. A questo punto il concetto di autonomia perde le basi essenziali e affonda nelle sabbie mobili di Bruxelles.

E quindi?

Quindi riprendiamo in mano il concetto di sovranità e poi potremmo anche riprendere le questioni dell’autonomia: tenendo salvo il principio che l’autonomia non debba diventare un ulteriore centro di potere dal quale elargire favori invece che essere vera vicinanza al popolo.

Il Triveneto vive un forte squilibrio tra aree urbane e zone montane o rurali. Quali politiche territoriali propone DSP per contrastare lo spopolamento e rilanciare le comunità locali?

Ogni giro di elezioni si utilizzano grandi paroloni come incentivi alle comunità montane, ripopolamento delle zone svantaggiate. Bisogna provare come sempre ad andare oltre le parole e capire che probabilmente siamo nel momento storico nel quale si sta già in parte realizzando un’inversione di rotta. Non sono così poche le persone che desiderano o sono disposte a cambiare la loro vita, lasciare la città per una vita più tranquilla o per uno stile di vita, comunque, diverso. Allo stesso tempo, però, ci sono persone che scelgono di abbandonare i paesi di origine perché troppo “lontani” dai luoghi di lavoro o dove trovano i servizi essenziali. Ciò non significa portare in montagna ciò che c’è in città, è evidente che non ha nessun senso. Però significa investire nei servizi che possono creare un vero collegamento tra zone urbane e montagna, investire sulle infrastrutture in particolare sulle vie di comunicazione, che avrebbero una duplice funzione sia per coloro che abitano nelle zone montane, sia per il turismo, che in alcune zone sicuramente può ricevere un notevole impulso.

Sul piano amministrativo, la gestione pubblico-privato in settori come sanità, infrastrutture e ambiente è spesso al centro del dibattito. DSP parla di “ritorno al pubblico”: come si traduce concretamente questa visione nelle realtà locali del Triveneto?

La tendenza alla privatizzazione in tutti gli ambiti è ormai un processo che viene da lontano e mostra oggi le sue storture ed i suoi esiti catastrofici. Portando con sé nessun vantaggio economico. Questa iper-liberalizzazione ha distrutto qualità dei servizi e anche qualità del lavoro... Cosa significa tornare al pubblico? Forse come dicevo poco prima significa tornare all’uomo. Può la sanità e l’istruzione diventare terreno di “competitività”? Dove il nome “azienda”, “cliente”, “pareggio di bilancio” hanno preso il posto di “servizio per il cittadino”. Ma si può lasciar morire una persona per tenere in ordine i bilanci? Ma si può lasciare andare alla deriva il sistema di istruzione italiano facendola diventare una questione di risorse? La questione di fondo è che la politica deve guidare l’economia e non il contrario e,quindi, nazionalizzare i servizi fondamentali può riportare al centro ciò che conta: l’essere umano, il popolo, con i suoi bisogni e le sue necessità. Oggi invece al centro ci sono i bisogni e le necessità dell’economia e l’uomo sembra essere solo una merce tra le altre.

In Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige cresce una certa sfiducia verso la politica tradizionale. Come intende DSP radicarsi nei territori e restituire ai cittadini un ruolo attivo nella vita politica?

DSP cerca di evidenziare come l’articolo 1 della Costituzione, ovvero quello che sancisce che la sovranità appartiene al popolo, sia stato completamente disatteso; il popolo non si sente più partecipe della vita pubblica e politica del Paese, e anche territori che storicamente vedevano una buona affluenza al voto, si sono allineati velocemente al crollo dell’affluenza al voto avvenuto in tutta Italia negli ultimi anni. La gente pensa che non serva più votare, che il loro pezzettino di sovranità non possa essere più esercitato attraverso il voto, o peggio che il proprio pezzettino di sovranità esista ancora. È difficile convincere qualcuno che è stato profondamente deluso a fidarsi ancora: è quello che stiamo cercando di fare, con fatica, con impegno, con coerenza. Cercando dal basso di parlare con le persone, perché il lavoro che stiamo cercando di realizzare non è solo una rivoluzione politica, ma anche sociale e culturale insieme. Anni di distruzione delle relazioni sociali e della fiducia nel proprio ruolo per la vita pubblica di un Paese sono difficili da ricostruire. Ma crediamo che non ci sia altra strada che questa, tornare lì dove le persone sono state abbandonate. 

DSP insiste molto sulla necessità di una riforma del lavoro che restituisca dignità e sicurezza ai lavoratori. Quali sono, in concreto, le proposte del suo partito in questo ambito?

Bisogna sempre partire da concetti e temi più alti, perché altrimenti niente si tiene. Per dare ai lavoratori la dignità di esseri umani, sia a livello economico che di sicurezza, bisogna capire dove si sono persi i pezzi. A partire dai sindacati confederati, che non fanno da tempo gli interessi dei lavoratori. Abbiamo lasciato in mano la gestione all’economia, che vive al massimo ribasso, e peggio alle multinazionali, che non hanno nessun interesse e non possono averlo di “migliorare il Paese Italia”, perché sono multi-nazionali, sovra-nazionali. Tornare ad incentivare seriamente le aziende italiane, grande e piccola – media impresa, che sicuramente avranno un’idea di investimento differente. Capire che le grandi migrazioni in essere stanno creando un abbassamento generalizzato degli stipendi, perché è evidente che una persona che accetta di lavorare per pochi euro all’ora dopa il mercato del lavoro. E questo è collegato ad un altro tema di sovranità: l’Africa agli africani, paghiamo il prezzo dei secoli di colonizzazione e imperialismo indiscriminato, e anche quella Sinistra che finge di parlare di accoglienza poi sta con i Macron di turno che nella Francafrique continuano a strozzare l’economia con il loro franco francese. La prima cosa da fare è quella di togliere questo strato di ipocrisia, troppo spesso anche per le buone intenzioni, talvolta.

Sul tema della sanità pubblica, da tempo al centro della discussione nazionale, quali misure DSP ritiene prioritarie per garantire equità di accesso e qualità del servizio?

È già stato accennato prima la sanità deve essere davvero pubblica: ormai dappertutto, e la sanità possiamo dire che è già “gestita” dalle Regioni per tornare sul tema dell’autonomia, la deriva e la curvatura è verso la privatizzazione. Molto spesso indotta, perché semplicemente quando una persona non può prenotare una visita nel pubblico, salvo aspettare anni, se ha i soldi prenota presso il privato. Stiamo ormai già vivendo in un sistema dove il ricco può curarsi ed il povero no, è evidente che c’è bisogno di una profonda e radicale riforma. Ma si torna alla radice anche dei tagli alla sanità, che gradualmente ed inesorabilmente hanno portato alle situazioni attuali: ospedali chiusi, ospedali sovraffolati, medici di famiglia che non visitano nemmeno più a casa per il sovraffollamento di pazienti. Ma in tutti questi ragionamenti l’essere umano è sparito.

Ultima domanda: il sistema pensionistico italiano è spesso accusato di penalizzare le nuove generazioni. Qual è la vostra idea di riforma e come si può coniugare sostenibilità economica e giustizia sociale?

Il tema delle pensioni è ciclico, la questione “burocratica” è sempre la stessa: se i giovani sono sempre meno e i pensionati sempre di più il saldo non può che essere negativo. Allo stesso tempo non possiamo pensare di far lavorare le persone fino a 70 anni. Ma tornando a ciò che si diceva prima bisogna cambiare prospettiva radicalmente. Mettere al centro l’essere umano: i lavori del futuro quali saranno? Ci sarà ancora “lavoro” o verremo sostituiti dalle intelligenze artificiali e dalle macchine? A quel punto la questione della pensione sarà stravolta da altro. Bisogna perciò ridare alla società una svolta umana, allora, e solo allora, tutte le questioni riusciranno ad avere una curvatura positiva, dalle pensioni alle condizioni del lavoro. Altrimenti parliamo solo di cerotti che coprono la ferita per un po’, ma poi, quando li stacchi, ti accorgi che continuava a sanguinare.

Dalle parole di Patrizia Caproni emerge, dunque, una visione che mette al centro la dimensione umana e territoriale dello sviluppo, in contrasto con i modelli economici dominanti. Per Democrazia Sovrana Popolare, la rinascita del Triveneto – e più in generale del Paese – passa attraverso il recupero della sovranità economica e politica, il rafforzamento dei servizi pubblici e una rinnovata partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Un percorso che, nelle intenzioni del partito, punta a ricostruire fiducia e coesione sociale “dal basso”, restituendo senso e protagonismo a comunità e lavoratori. (a cura di Carlo Silvano)

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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni consultare la Libreria Il Libraccio:  Libri di Carlo Silvano 

 


 



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