Qui
di seguito propongo un’intervista
a Francesca Perin
(Camposampiero, 1985),
artista formatasi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, in
occasione dell’inaugurazione della sua nuova opera a Spineda
(frazione
del comune di Rise Pio X in provincia di Treviso). La foto qui sopra mostra l'opera "Il fuoco della memoria" e, in basso a sinistra, l'artista Francesca Perin.
“La mia arte è un grido silenzioso contro la guerra”
Sabato 12 aprile 2025, nel cuore del borgo di Spineda, è stata inaugurata un’opera pittorica intensa e toccante, frutto della sensibilità e della visione profonda dell’artista Francesca Perin (Camposampiero, 1985), che ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. L’abbiamo incontrata poco prima della presentazione ufficiale.
Francesca Perin, che emozione è per te essere all’inaugurazione di questa tua opera?
È una grande emozione. Quest’opera, che si intitola “Il fuoco della memoria”, nasce da un lavoro profondo, in cui ho messo tempo, cuore e riflessione. Quando mi è stato proposto questo progetto, ho accettato di buon grado: per me le sfide artistiche hanno un valore speciale. Mi obbligano a rallentare, a uscire dal vortice della quotidianità e a ritornare a ciò che amo fare davvero.
Com’è
nato questo lavoro e qual è stato il tuo approccio?
Voglio
innanzitutto ringraziare sinceramente i
membri del “Comitato 13 aprile”,
che mi hanno dato fiducia e stima, affidandomi il compito di
raccontare – attraverso la pittura – una pagina dolorosa e poco
conosciuta della nostra storia locale: i tragici eventi dell’aprile
1945 qui a Spineda. Ho voluto affrontare questo tema con rispetto e
intensità, raccogliendo le testimonianze dei paesani e soprattutto
del parroco dell’epoca, don Cesare Galliazzo.
Ci descrivi l’opera?
Certo. In alto, ho raffigurato il momento drammatico in cui don Cesare, messo al muro per essere fucilato, è sostenuto dai suoi parrocchiani in preghiera e disperazione. Quell’esecuzione, fortunatamente, fu fermata. Nella sezione centrale, sulla destra, ho rappresentato la razzia delle case da parte dei soldati, mentre a sinistra si vede l’incendio di alcune abitazioni. Nella parte inferiore, invece, ho dipinto la marcia forzata dei 56 uomini prelevati dal borgo e condotti alle carceri di Bassano del Grappa, guidati dallo stesso don Cesare.
Anche i materiali sembrano avere un significato simbolico…
Sì, ho scelto una tavola di legno coperta da una pasta cementizia per evocare un muro, ovvero il muro su cui si rischiava la morte. Ho usato colori acrilici protetti da una vernice da esterni, prediligendo i toni della terra. Sono colori antichi, umili, che si fondono con il paesaggio, che parlano di un mondo contadino, in armonia con la natura e con il ritmo sacro della vita.
C’è una forte componente valoriale nella tua arte. Quanto conta per te questo aspetto?
Conta tantissimo. Come artista, ma anche come moglie e madre, sento la responsabilità di trasmettere valori con ciò che creo. Credo profondamente nella dignità della vita – dal suo inizio fino alla fine naturale – nella bellezza del matrimonio, nella necessità di un lavoro che renda la vita degna e nella cura della terra che ci ospita, che è la nostra casa comune, il Creato che Dio ha donato all’umanità.
Questa opera è anche una denuncia, un messaggio universale…
Sì. È, prima di tutto, un grido silenzioso contro la guerra. La guerra, sempre e ovunque, è distruzione. A pagare il prezzo più alto sono sempre gli innocenti: bambini, donne, anziani, lavoratori. Le famiglie si spezzano, le case bruciano, le speranze vengono soffocate. Con questa pittura voglio custodire la memoria di quel dolore, affinché non si ripeta. E affinché l’arte possa diventare strumento di pace, di ascolto e di vicinanza cristiana.
Che ruolo ha l’arte in tutto questo, secondo te?
L’arte ha un potere straordinario: permette di dire ciò che le parole spesso non riescono a esprimere. È una forma di resistenza alla dimenticanza, un modo per restituire voce a chi non ce l’ha più. Davanti a un’opera, non siamo più solo spettatori, ma partecipi. Questo, per me, è il vero senso dell’arte.
Vuoi aggiungere un ultimo ringraziamento?
Sì, il mio grazie più sentito va a mio marito e ai miei figli, per avermi sostenuta e incoraggiata nel portare a compimento quest’opera. E naturalmente grazie a quanti parteciperanno all’inaugurazione dell’opera: vi invito a guardarla con occhi attenti, ma soprattutto con il cuore aperto. (a cura di Carlo Silvano)
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul collegamento: Libri di Carlo Silvano
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