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Napoleone? Né còrso, né francese, ma un semplice opportunista

Napoleone?

Né còrso, né francese,

ma un semplice opportunista

No, quegli uomini non son fatti cosí; il vero dominatore, al quale tutto è permesso, saccheggia Tolone, compie il macello di Parigi, dimentica un’armata in Egitto, spreca mezzo milione di uomini nella campagna di Mosca e se la cava con un gioco di parole a Vilna; e a lui, dopo morte, innalzano statue, e quindi tutto gli è permesso. No, uomini siffatti, si vede, non sono di carne, ma di bronzo!” (tratto da “Delitto e castigo”, di Fëdor Dostoevskij)

Il passaggio di “Delitto e castigo” in cui Raskòl'nikov riflette sulla figura del “vero dominatore” può essere interpretato come una critica implicita a figure storiche come Napoleone Buonaparte (in seguito francesizzato in Bonaparte), che, nonostante le sue origini italiane e il legame con la Francia, sembra essere stato guidato unicamente dall’ambizione personale e dal desiderio di potere.

L’indifferenza verso le proprie origini

Napoleone Buonaparte nacque in Corsica, un’isola che all’epoca, ma per tanti aspetto anche oggi, aveva forti legami culturali e linguistici con l’Italia. Nonostante queste radici italiane, Napoleone si distaccò presto da esse, adottando l’identità francese e perseguendo una carriera nell’esercito francese. Questo distacco dalle proprie origini suggerisce una mancanza di legame con la propria terra natale e una chiara priorità data alla costruzione della propria persona e carriera, piuttosto che al radicamento in una specifica cultura o nazione. Anche il suo rapporto con la Francia fu segnato più dall’opportunismo che da un autentico patriottismo. Per Napoleone la Francia era un mezzo per realizzare la sua visione personale di grandezza e di dominio. Le sue campagne militari, i suoi interventi politici e le sue riforme miravano a consolidare il suo potere, spesso a discapito del benessere della nazione stessa. Così, la sua identità non era legata né alle sue origini corsi-italiane né a una profonda fedeltà alla Francia, ma piuttosto a una spietata ricerca del potere.

L’ambizione spietata e il sacrificio degli uomini

Raskòl'nikov, nel monologo citato, descrive il “vero dominatore” come un uomo di bronzo, un simbolo di insensibilità e durezza. Questo descrive perfettamente l’approccio di Napoleone al potere. Il suo desiderio di conquista e di gloria lo spinse a compiere atti di estrema crudeltà, come il saccheggio di Tolone, il massacro di Parigi e la disastrosa campagna di Russia, che costò la vita a centinaia di migliaia di soldati. Questi eventi non furono il risultato di un cieco errore, ma di calcoli freddi e deliberati, dove il valore della vita umana era subordinato al successo delle sue ambizioni. Napoleone era disposto a sacrificare tutto e tutti per il raggiungimento del suo obiettivo: il dominio assoluto. Il suo disinteresse per la vita dei suoi uomini, evidenziato dalla sua famigerata “strategia dell’attrito”, che consisteva nell’usare il numero superiore delle truppe come forza decisiva, rivela una visione del potere completamente disumanizzante. 


 Il mito del dominatore e la realtà del bronzo

Dopo la sua morte, Napoleone fu trasformato in un mito, con statue erette in suo onore e il suo nome celebrato come simbolo di grandezza. Tuttavia, questa glorificazione contrasta con la realtà delle sue azioni e del suo carattere. Raskòl'nikov vede giustamente in questi “uomini di bronzo” non eroi, ma figure che hanno abdicato alla loro umanità in favore di una fredda e implacabile ricerca del potere. Questa critica serve a ricordarci che il vero valore di un capo politico e militare non risiede nel numero di vittorie o nella vastità del territorio conquistato, ma nella capacità di agire con giustizia, solidarietà e rispetto per la dignità umana. Il “bronzo” di cui parla Dostoevskij è l’antitesi della carne e del sangue, cioè dell’umanità vera e propria, e questo lo rende inadatto come modello di virtù o di grandezza.

Conclusione

Napoleone Buonaparte, con la sua indifferenza verso le proprie origini e la nazione che ha usato per i suoi scopi, incarna il “vero dominatore” descritto da Raskòl’nikov. Egli è un simbolo dell’ambizione che consuma tutto, che non tiene conto né del valore della vita umana né del legame con una patria o con un popolo. Questa riflessione ci spinge a riconsiderare la nostra idea di grandezza e a riconoscere che il vero potere non è fatto di bronzo, ma di carne, cuore e spirito, elementi che costituiscono la vera essenza del carisma umano e morale.

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