I primi passi
verso l’Unione europea
e l’influenza della Francia
L’Unione europea (Ue) è il frutto di un lungo e complesso processo di integrazione, iniziato nel dopoguerra, con l’obiettivo di garantire la pace, la stabilità e la prosperità in un continente devastato da secoli di conflitti. Tuttavia, questo percorso non è stato privo di tensioni e divergenze di visioni tra i vari stati membri. Un episodio emblematico di tali tensioni si verificò il 10 marzo 1953, durante una riunione politica in cui il francese Maroger espresse una visione centralizzatrice dell’Europa, che suscitò notevoli preoccupazioni tra i sostenitori di un’Europa più federale e meno dominata dalle singole nazioni.
La dichiarazione di Maroger e le prime divergenze
Il 10 marzo 1953, Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori del federalismo europeo, annotò nel suo “Diario europeo. 1948-1969” una dichiarazione sorprendente del politico francese Maroger. Questi affermò di essere favorevole a una “unione europea nella quale tutti gli stati fossero frantumati e ridotti a dipartimenti di uno stato centralizzato con capitale a Parigi e di lingua francese”. Questa visione di Maroger non solo sottolineava un desiderio di predominio francese all’interno del progetto europeo, ma rifletteva anche una concezione dell’integrazione che sarebbe rimasta al centro del dibattito europeo per decenni.
L’idea di un’Europa unita sotto un’unica autorità centralizzata, con Parigi come capitale e il francese come lingua comune, rappresentava una visione che difficilmente poteva essere accettata dagli altri stati europei, in particolare da quelli che temevano una nuova forma di egemonia francese. In effetti, la dichiarazione di Maroger metteva in luce una delle principali sfide che l’Europa avrebbe dovuto affrontare nei decenni successivi: bilanciare le aspirazioni nazionali con la necessità di un’integrazione sovranazionale.
Il ruolo della Francia nel progetto europeo
Il desiderio francese di giocare un ruolo dominante nel processo di integrazione europea non era una novità. Già con la Dichiarazione Schuman del 1950, la Francia si era posta come promotrice dell’unione tra gli stati europei, ma sempre con un occhio attento ai propri interessi nazionali. L’idea di una “federazione di stati” era per molti versi una risposta alla necessità di evitare nuovi conflitti, ma anche un modo per la Francia di mantenere una posizione di rilievo nel nuovo ordine europeo.
La dichiarazione di Maroger, sebbene estrema, rifletteva una tendenza più ampia della politica estera francese dell’epoca, che cercava di conciliare l’idea di un’Europa unita con il mantenimento dell’influenza e del prestigio francese. Tuttavia, questa visione incontrò l’opposizione di altri Paesi, in particolare quelli che temevano una centralizzazione eccessiva e la perdita della propria sovranità.
Il processo di integrazione: compromessi e realpolitik
Nel corso degli anni il progetto europeo si sviluppò attraverso una serie di compromessi tra visioni differenti. La Comunità Economica Europea (CEE), fondata con il Trattato di Roma nel 1957, fu il risultato di un delicato equilibrio tra l’integrazione economica e il rispetto delle sovranità nazionali. Tuttavia, la tensione tra la visione centralizzatrice, come quella espressa da Maroger, e la visione federalista, rimase una costante del dibattito europeo.
Negli anni successivi, la Francia continuò a giocare un ruolo ambiguo all’interno dell’Unione europea. Da un lato, promosse attivamente il progetto europeo, come nel caso del presidente francese François Mitterrand, che insieme al cancelliere tedesco Helmut Kohl, fu uno dei principali artefici del Trattato di Maastricht nel 1992. Dall’altro lato, la Francia mantenne una politica di difesa dei propri interessi nazionali, come dimostrato dalle frequenti dispute con altri stati membri su questioni come la politica agricola comune e la gestione economica.
L’influenza della visione francese nell’Europa contemporanea
La visione di un’Europa centralizzata con Parigi come fulcro, sebbene non realizzata nei termini estremi proposti da Maroger, ha lasciato un segno duraturo sull’evoluzione dell’Unione europea. Ancora oggi, la Francia mantiene un atteggiamento ambivalente nei confronti dell’integrazione europea. Da un lato, è uno dei principali promotori dell’integrazione politica e della difesa comune europea; dall’altro, è spesso accusata di perseguire politiche che privilegiano i propri interessi nazionali a scapito di una visione più inclusiva e condivisa dell’Europa.
Le recenti posizioni francesi, ad esempio, sul tema dei processi e delle regole economiche e fiscali europee o sulla gestione delle crisi migratorie, riflettono una persistente tendenza a cercare di modellare l’Unione europea secondo i propri interessi. Questo atteggiamento ha alimentato tensioni con altri stati membri, in particolare quelli che temono una nuova forma di egemonia francese all’interno dell’Unione.
Conclusione
La dichiarazione di Maroger del 1953, pur rappresentando un’estrema manifestazione di nazionalismo francese, mette in luce una dinamica che ha accompagnato l’intero processo di integrazione europea: il costante equilibrio tra le aspirazioni nazionali e il progetto sovranazionale. La Francia, pur essendo stata uno dei principali promotori dell’integrazione europea, ha spesso cercato di conciliare il proprio desiderio di influenza con le esigenze di un’Europa unita. Questa tensione rimane una delle sfide fondamentali che l’Unione europea deve affrontare anche oggi, mentre cerca di costruire un futuro comune in un mondo sempre più interconnesso e complesso. (a cura di Carlo Silvano)
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