Passa ai contenuti principali

Il boiaro, letto da Marisa Restello

Tutto, dall’inizio alla fine, avviene in poche ore (forse solo un baleno), di una notte d’angoscia. Nel breve tempo in cui ci è concesso di guardare alla nostra vita giunta al massimo della consapevolezza. Il passo successivo è la morte o una vita del tutto nuova.

La narrazione che si apre con questa notte di neve, ha più il ritmo di un racconto lungo che di un romanzo e lo sfondo non è quello della Russia, che all’inizio mi aveva molto attirato, con la sua storia e i suoi paesaggi, ma il cuore di un uomo con la sua ricerca d’amore e di verità e la sua incapacità di amare e di comprendere. Il protagonista appartiene alla stirpe dei padroni e si interessa dei sottoposti per quello che gli servono ad aumentare il suo benessere. Non disdegna di passare una serata di musica con i suoi contadini, verso qualcuno nutre anche stima, ma considera suo diritto profittare della giovane figlia del suo fedele fattore. Un sentimento di pura protezione lo riserva, forse, alla sorella che vive in città accogliendo nel suo salotto nobili, intellettuali e vecchi generali.
 
Ma allo scoppio della rivoluzione tutto questo mondo sparisce all’improvviso. I servi, i contadini, gli sfruttati, sono forti della prospettiva di una nuova vita, mentre i ricchi, spiazzati dall’improvviso crollo di un ordine che credevano legittimo, non sanno che fuggire o barattare la salvezza con quello che resta dei loro beni. Anche il protagonista si rifugia tra i poveri, cercando nello stesso tempo di rifare un po’ di soldi con il mercato nero. Tutto è cambiato, ma la sua visione di salvezza coincide ancora con il possesso, anche se, a volte, la campana di una piccola chiesa gli fa rivolgere il pensiero a Dio e gli fa balenare il desiderio di una vita a lui donata.
 
Nella notte di neve con cui si apre e si conclude il racconto, il protagonista rivive tutta la sua vita quando si trova con la pistola di un rivoluzionario puntata al petto. Dentro di lui avviene un cambiamento vitale e inatteso. Ma, ovviamente, solo le ultime pagine del romanzo possono darne conto.
 
Pur nella complessità degli avvenimenti in cui si svelano tante umane debolezze e cattiverie, la scrittura fa emergere quasi una nostalgia della purezza e una fede profonda nella vita intimamente inserita nella storia. Sembra questo il dono particolare dell’autore. Dono che è così necessario ai nostri giorni.
                          
Marisa Restello (San Floriano di Castelfranco Veneto, Treviso)

Commenti

Post popolari in questo blog

Nizza, città francese o italiana?

Intervista allo storico e politico Alain Roullier-Laurens LA CITT À DI NIZZA RIPENSA AL SUO PASSATO ITALIANO Ha dato i natali a Giuseppe Garibaldi, artefice dell'unità nazionale Perché in certi libri scolastici non si parla della cessione della città di Nizza e della regione della Savoia da parte del governo di Torino a quello di Parigi nel 1860? Da questo interrogativo prende lo spunto l'intervista che segue, rilasciataci da Alain Roullier-Laurens , fondatore della “ Lega per la restaurazione delle libertà nizzarde ”. Nato a Nizza nel 1946, Alain Roullier-Laurens discende per parte di madre da una famiglia residente a Nizza ancor prima del 1388, anno della dedizione ai Savoia, ed è autore di numerosi libri che hanno provocato scalpore - ogni volta che sono usciti - sull'ideologia indipendentista nizzarda, sui retroscena dell'annessione e del falso plebiscito. I libri di Alain Roullier si basano su documenti inediti ed adoperati per la prima volta, come ...

ROBERT ROSSI, LA FRANCESIZZAZIONE DI TENDA È INIZIATA CON I BAMBINI DELLA SCUOLA

TENDA - « Mi chiamo Robert Rossi e sono nato nel 1944: mia madre è brigasca e conobbe mio padre che svolgeva il servizio militare ne lla GAF, cioè la guardia di frontiera proprio a Briga Marittima. Dopo l’8 settembre del 1943 mio padre fu catturato dai nazisti e portato in Germania, ma finita la guerra ritornò a Briga e si sposò con mia madre per venire a mancare nel 2009 ». Inizia con queste parole l’intervista concessami da Robert Rossi (qui sotto in foto), nato italiano nel 1944 e diventato francese nel 1947, quando il comune di Tenda fu ceduto alla Francia in seguito al Trattato di Parigi. Signor Robert Rossi, a Tenda che lingua si parlava fino al 1945? E qual era il dialetto più diffuso? Oggi qualcuno a Tenda e a Briga parla ancora in dialetto? Fino al 1947 i comuni di Briga Marittima e Tenda rientravano nei confini dell’Italia e quindi la lingua ufficiale era l’italiano. A Briga Marittima era molto diffuso il dialetto locale, cioè il «brigasco», mentre a Tenda ...

Il carcere di Treviso raccontato da don Pietro Zardo

TREVISO - Ha conosciuto il mondo carcerario nel 1996. Prima di allora non era mai entrato in un penitenziario, e proprio ripensando a quel “primo” giorno trascorso a percorrere corridoi e locali dove dappertutto ci sono cancelli, porte blindate e sbarre, don Pietro Zardo ricorda che provò un'emozione molto strana, quasi inquietante. Da circa quattordici anni don Pietro è cappellano della Casa circondariale di Treviso, un luogo per molti aspetti disumano dove vige la regola della sopravvivenza. “Ciascuno vive per sé – riferisce don Pietro – e non esiste quel sistema relazionale che ti permette uno scambio di sentimenti umani, come quelli legati all'accoglienza, alla fiducia, alla solidarietà. Non ci sono aree comuni e anche i pasti vengono consumati in cella. Col tempo non mi sono più posto certe domande e sono cresciuto sul campo, perché quando ho accettato di fare il cappellano a Santa Bona non avevo una specifica formazione. Subito, però, capii che non bisogna commettere cer...