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La criminalizzazione della maternità surrogata: implicazioni culturali, etiche e religiose

 


La criminalizzazione della maternità surrogata:

implicazioni culturali, etiche e religiose

Il disegno di legge recentemente approvato in Italia ha sancito la criminalizzazione universale della maternità surrogata, ovvero la pratica di ricorrere a una donna per portare avanti una gravidanza per conto di altre persone. Questo provvedimento legislativo, che ha ricevuto 84 voti favorevoli e 54 contrari al Senato, ha completato il suo iter diventando legge dopo l’approvazione alla Camera dei deputati. La novità più rilevante introdotta dalla legge è la possibilità di perseguire penalmente anche i cittadini italiani che fanno ricorso alla maternità surrogata all’estero, nei Paesi dove essa è legale.

La ministra Eugenia Maria Roccella, in merito a questo provvedimento, ha affermato che non si tratta di negare alcun diritto, ma di affermare una visione etica e culturale che pone l’Italia come esempio per la comunità internazionale, soprattutto per quanto riguarda la tutela della dignità della donna e del nascituro. Questo aspetto risulta particolarmente significativo dal punto di vista della dottrina cattolica, che ha sempre posto al centro dei propri insegnamenti la tutela della vita, la dignità umana e la sacralità della maternità.

La prospettiva cattolica sulla maternità surrogata

La Chiesa cattolica si è sempre espressa in modo chiaro contro la pratica della maternità surrogata. La sua posizione si fonda su diversi principi etici, tra cui la tutela della dignità della persona umana, il rispetto della vita dal momento del concepimento e l’integrità della famiglia come istituzione naturale. La maternità surrogata, infatti, viene considerata come una forma di mercificazione del corpo della donna, ridotta a “strumento” per la procreazione, e del nascituro, che viene trattato come un “bene” da consegnare a terzi.

Dal punto di vista cattolico, il corpo della donna non può essere considerato come un mezzo per realizzare il desiderio di genitorialità di un’altra coppia. La donna che porta avanti una gravidanza ha un legame profondo con il bambino che cresce dentro di lei, un legame che va oltre il semplice atto biologico e che riguarda la relazione tra madre e figlio. La maternità non è soltanto una questione biologica, ma rappresenta una dimensione intima e spirituale della donna, che non può essere alienata o ceduta. La pratica della maternità surrogata interrompe questa connessione naturale, generando una separazione tra madre e bambino che viene considerata innaturale e lesiva della dignità di entrambi.

La tutela del nascituro:

il diritto alla genitorialità

non giustifica la surrogazione

La nuova legge italiana si propone di tutelare anche i diritti del nascituro, che nella visione cattolica e, più in generale, in quella del diritto naturale, deve essere protetto sin dal momento del concepimento. La nascita non dovrebbe essere il risultato di un accordo contrattuale, ma di un atto d’amore all’interno di una famiglia. La legislazione contro la maternità surrogata, quindi, non si limita a proteggere la donna, ma si preoccupa di salvaguardare il diritto del bambino a non essere trattato come un “oggetto di scambio”.

Il bambino nato da una gravidanza surrogata rischia di essere percepito come il prodotto di un accordo economico, anziché come un soggetto dotato di intrinseca dignità e valore. Questo contrasta profondamente con la concezione cattolica della persona umana, che riconosce in ogni essere umano, fin dal concepimento, un valore unico e inalienabile. Secondo la visione della Chiesa, la genitorialità non è un diritto assoluto e non può essere soddisfatta a scapito dei diritti di altri, specialmente del più vulnerabile, il nascituro.

La donna e il rischio della mercificazione

Un altro elemento centrale nella legislazione che criminalizza la maternità surrogata riguarda la tutela della dignità della donna. La pratica della surrogazione rischia di ridurre il corpo della donna a un oggetto di cui altri possono disporre, trasformando la gravidanza in un servizio “a pagamento”. Questo processo di commercializzazione va contro l’idea di una maternità libera e responsabile, che la dottrina cattolica valorizza come parte integrante della vocazione femminile.

In molti casi, la maternità surrogata coinvolge donne che si trovano in condizioni di fragilità economica, che vengono spinte ad accettare questo ruolo per necessità economiche. Ciò genera una situazione di sfruttamento e disuguaglianza, dove la libertà di scelta è compromessa. La legislazione italiana si propone di contrastare proprio questa forma di sfruttamento, impedendo che la maternità diventi un mezzo di arricchimento per alcuni e di impoverimento per altri.

La ministra Eugenia Maria Roccella ha sottolineato l’importanza del provvedimento nel contesto del dibattito femminista globale, evidenziando come il rifiuto della maternità surrogata rappresenti una difesa dei diritti delle donne a livello mondiale. Il provvedimento, infatti, si propone di proteggere le donne da una forma di “colonizzazione del corpo” e di riaffermare il principio che la gravidanza non può essere mercificata.

L’Italia come esempio per la comunità internazionale

L’approvazione della legge contro la maternità surrogata pone l’Italia in una posizione distintiva nel contesto internazionale, proponendo un modello culturale che rifiuta la commercializzazione della vita e della genitorialità. Questo modello è ispirato non solo dalla tradizione cattolica, ma anche dai principi fondamentali della dignità umana e della giustizia sociale. In un’epoca in cui le tecnologie della riproduzione stanno trasformando profondamente le dinamiche familiari e sociali, la scelta dell’Italia rappresenta un richiamo alla responsabilità etica e alla riflessione sul significato profondo della maternità e della procreazione.

Il provvedimento non vuole negare il desiderio di genitorialità delle coppie, ma sottolinea che questo desiderio non può essere soddisfatto attraverso pratiche che ledono i diritti e la dignità di altre persone. La maternità surrogata, secondo questa visione, non può essere considerata una strada legittima per diventare genitori, poiché implica una serie di situazioni etiche che non possono essere ignorate.

Conclusione

La criminalizzazione della maternità surrogata in Italia rappresenta una scelta culturale e legislativa di grande importanza. Essa si fonda su una visione della vita e della maternità che riflette i valori della tradizione cattolica, ma che trova riscontro anche in una più ampia concezione dei diritti umani e della dignità della persona. La legge si propone di tutelare i diritti delle donne e dei nascituri, opponendosi alla mercificazione del corpo e alla trasformazione della maternità in un contratto. In questo modo, l’Italia si pone come un esempio per la comunità internazionale, riaffermando la centralità della persona e dei suoi diritti fondamentali nella regolamentazione delle nuove sfide poste dalla biotecnologia e dalla globalizzazione.

(a cura di Carlo Silvano)

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