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Claudio Caregnato, rispettiamo noi stessi e gli altri

 

Villorba – Nata da un’esigenza emersa nel corso di una riunione dei genitori di una classe di seconda media, la comunità parrocchiale di Villorba ha fatto sua e ha promosso ed organizzato una “duegiorni” per i nati del 2008 sul tema del rispetto verso se stessi e gli altri. La “duegiorni” si terrà a settembre, presso la casa "Stella Maris" di Lentiai (vedi foto qui sopra) e a confrontarsi con i ragazzi è stato coinvolto il prof. Claudio Caregnato, già docente di lettere alla scuola media “Giuseppe Scarpa” di Villorba ed attualmente insegnante a Silea, che mi ha rilasciato una breve intervista.

Prof. Claudio Caregnato, "costruiamo" il nostro vocabolario: cosa si deve intendere per "rispetto"?

Da diversi anni a scuola dedico uno spazio ad una rubrica di mons. Nunzio Galantino: Abitare le parole. La parola “chiave” è ovviamente, “Abitare”. Cosa significa abitare? Per me vuol dire fare propria una parola, sedimentarla all’interno di sé, a quel punto non serve più “rifletterci” sopra perché è qualcosa che fa parte di te.

La parola “Rispetto” ritengo sia molto usata/abusata, ma molto poco abitata. Lo vediamo e lo troviamo nelle magliette dei calciatori, ma quando guardiamo la partita di “Respect” non se ne vede molto; rispetto è anche legato al linguaggio tipico di gang e di associazioni non proprio legali in cui gli “associati” si ”rispettano” nel senso che sono solidali tra loro. A rispetto è collegato rispettabile; ma chi e cosa è rispettabile? Una legge che discrimina, priva qualcuno di un diritto, è rispettabile? Anche su questo si potrebbe discutere.

Per venire però al vero significato della parola direi di riprendere mons. Galantino: “il rispetto non è un concetto astratto. Esso è frutto di scelte consapevoli e concrete che, proprio per questo, richiedono impegno ed energie, soprattutto interiori”.

Quando ci si trova davanti a un ragazzino che fa "fatica" a rispettare se stesso e gli altri, si tende a portare sul banco degli imputati i genitori oppure gli insegnanti. Tu che ne pensi?

È interessante che nella domanda sulla “fatica” a “rispettare” tu abbia messo prima il rispetto verso se stessi e poi quello verso gli altri; non può esserci il secondo senza il primo. Spesso, come dici tu, sul banco degli imputati finiscono quelle che oggi chiamiamo “agenzie educative”. Rispetto alle famiglie penso che oggi nei ragazzi ci sia un problema di in-educazione legato alla difficoltà che i genitori incontano nell’essere figure autorevoli. La scuola dal canto suo viene troppo spesso oberata di compiti che, a mio parere, non le competono o quantomeno non in modo così preponderante; basta una qualsiasi notizia di cronaca che arriva il coro di: la scuola cosa fa? La scuola dovrebbe fare… prontamente il ministro di turno inserisce una nuova tematica da affrontare; a sostegno di questa affermazione l’inserimento dell’Educazione civica che, alla fin fine, altro non è che l’ennesimo stratagemma per alzare la media-voti degli alunni ed evitare polemiche e ricorsi da parte dei genitori. Penso quindi che ogni “agenzia” dovrebbe fare la propria parte e non illudersi di ottenere risultati immediati. Si pensi alla mole di lavoro che si fa sulla Memoria e, in particolare, sulla Shoah. Eppure le statistiche dicono che l’antisemitismo è in aumento. E’ evidente che c’è un errore anche nel modo in cui si affrontano tematiche legate al rispetto e che restano, di fatto, lettere morte in quanto contenitori sostanzialmente vuoti.

Secondo te, chi sono i primi educatori di un bambino?

È chiaro che i primi educatori devono essere e sono i genitori, l’insegnante è chiamato, secondo me, a far “respirare” al ragazzo un vero ambiente educativo di apprendimento, gli alunni devono capire, non occorre spiegarglielo, che tu insegnante credi in quello che fai e che dici, che loro, i ragazzi, sono al primo, al secondo e al terzo posto nella lista delle priorità. Non ci sono grandi segreti, la soluzione è: ascolto, ascolto e ascolto.


Nella nostra Carta costituzionale leggiamo che "l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Cosa significa, in questo contesto, la parola "fondata" e in che modo possiamo adoperarla nel nostro stile di vita quotidiano?

Se penso alla parola “fondata” mi vengono in mente fondamenta, radici; noi dell’albero vediamo il fusto e i rami ma sotto? Sotto c’è tutto quello che gli permette di reggersi in piedi e di resistere alle intemperie, anche quelle più forti. Il lavoro ma soprattutto il diritto ad un lavoro dignitoso e correttamente retribuito non può quindi non essere un punto fondante di un paese. Senza fondamenta, come già detto, si crolla.

Nell'articolo 2 della nostra Costituzione si trova l'espressione "diritti inviolabili". Secondo te, quali sono questi diritti e sono proprio inviolabili? In particolare, cosa si deve intendere per "inviolabilità"?

Inviolabile dovrebbe essere tutto ciò che lede la dignità della persona e quindi il diritto ad avere/cercare una vita migliore, ad un’istruzione, ad essere curato, a poter esprimere liberamente la propria opinione. Sai in Bhutan non misurano il P.I.L. ma il F.I.L., Felicità Interna Lorda. Ti propongo un gioco: scrivi quali sono i criteri per stabilire il F.I.L., e avrai i diritti inviolabili. (a cura di Carlo Silvano)

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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi (vedi Libri di Carlo Silvano) 

 


 




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