Il libro “Gesù è più forte della camorra”, di don
Aniello Manganiello, offre tante pagine che fanno riflettere come, ad esempio, quelle
dedicate al silenzio stampa che certi vescovi impongono ai preti della propria
diocesi. Don Aniello si sofferma sul 1996, un anno che ha visto diverse
tragedie verificarsi nella periferia di Napoli nord dovute soprattutto
all’abbandono e all’incuria del territorio da parte degli amministratori
municipali.
La morte di diverse persone scatenò la nascita di proteste e di
denunce da parte della comunità civile, che ebbe il sostegno dei parroci. Questi
ultimi, per la loro attività pastorale e per la costante presenza sul
territorio, conoscono molto bene le problematiche locali e i disagi della
popolazione e quindi, proprio grazie a queste loro conoscenze e sensibilità,
rappresentano dei validi punti di riferimento per quanti portano avanti precise
istanze e richieste. Nel 1996-1997 l’allora Sindaco di Napoli, Antonio
Bassolino, non fu capace di dare delle risposte concrete ai bisogni dei
cittadini di Scampia e da lì scoppiarono delle polemiche poiché i parroci della
periferia Napoli nord, rilasciando interviste ai giornali sia locali che
nazionali, evidenziarono i problemi e sollecitarono adeguate risposte da parte
degli amministratori municipali. A questo punto, riferisce don Aniello,
l’interesse dei media per le nostre denunce preoccupò il cardinale Michele
Giordano, arcivescovo di Napoli, che chiese ai sacerdoti di non rilasciare più interviste.
I parroci contattati dagli organi di informazione – riferisce don Aniello –
avrebbero dovuto indirizzare i giornalisti all’ufficio stampa della Curia (p.
81).
Considero immorale questo atteggiamento assunto dal card. Michele
Giordano, e ripreso anche altri Vescovi, poiché non si può distorcere il voto
dell’obbedienza che i sacerdoti sono chiamati a fare su questioni che
riguardano il diritto e il dovere di fare delle precise denunce a favore delle
persone che si è chiamati a curare sotto il profilo pastorale. Un prete deve
dire la verità e non gli si può impedire di rilasciare interviste ai giornali,
soprattutto se anche lui vive sulla propria pelle i disagi di un intero
quartiere. Un parroco ha il dovere di adottare un linguaggio chiaro per denunciare
i problemi reali della propria gente. Un vescovo che “zittisce” un parroco
impedendogli di rilasciare interviste non fa altro che calpestare ulteriormente
la dignità dei più deboli della nostra società che, in questo modo, si vedono
privati anche del proprio pastore spirituale.
Nel 1997, come riferisce don
Aniello, il card. Giordano “zittì” i suoi preti e di conseguenza la gerarchia
ecclesiastica “dimostrò ancora una volta di essere molto più sensibile agli
equilibri di potere, ai rapporti istituzionali di vertice, alle relazioni
diplomatiche con politici spesso compromessi con poteri oscuri piuttosto che
alla vicinanza effettiva con la gente”. Fa male, soprattutto per un credente, sapere
che certi vescovi non hanno la capacità di essere responsabili e di stare
accanto alla gente più semplice, ma è confortante constatare che ci sono preti
che sull’esempio di Gesù Cristo restano comunque accanto ai più deboli ed
emarginati della nostra società. Concludo con l’augurio che il libro “Gesù è
più forte della camorra” trovi nuovi lettori disposti ad entusiasmarsi nel
promuovere il bene comune.
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