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Avv. Martina Peruzzo, Oggi con la legge è possibile uscire dal sovra-indebitamento

PAESE (Treviso) -  "La legge n. 3 del 27 gennaio 2012 è stata ribattezzata dalla stampa “Legge salva suicidi”. Tale appellativo, per quanto forte, sta proprio ad indicare l’allarme sociale al quale il legislatore ha cercato di porre rimedio, ossia i numerosi suicidi di imprenditori (e non) schiacciati dai debiti. E’ sufficiente pensare che nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (dati ricavati dal Secondo rapporto Eures Il suicidio in Italia al tempo della crisi, ndr). A parlare è l'avvocato Martina Peruzzo che collabora con la società DiDominio srl in merito alla Legge 3 del 2012 e vanta una solida esperienza in questo settore. Con l'intervista che segue l'avv. Martina Peruzzo chiarisce in che modo è possibile avvalersi di questa Legge per uscire dal tunnel del sovraindebitamento.

Avv. Peruzzo, in sintesi, come si possono descrivere le problematiche degli artigiani, dei liberi professionisti e degli imprenditori che dovendo far fronte a delle sofferenze finanziarie fanno ricorso a questa Legge? 
La Legge 3/2012 cerca di porre parziale rimedio alla riforma delle procedure concorsuali del 2005, che ha previsto la possibilità per il fallito persona fisica di avvalersi della cd. esdebitazione, ossia del diritto alla cancellazione di tutti i debiti non soddisfatti dalla liquidazione dell’attivo dopo il fallimento. Tale riforma, nonostante l’intento positivo, lasciava esclusi numerosi debitori non fallibili. La cd. Legge sul sovraindebitamento cerca di dare degli strumenti anche a questi debitori al fine di “ripartire da zero”. Possono, pertanto, accedere alle procedure previste dalla L. 3/2012: 
- i consumatori persone fisiche; 
- enti ed imprese non fallibili ai sensi dell’art. 1 L.F (es. imprenditori sotto soglia, imprenditori non commerciali, start up, etc.). 

La Legge n. 3 del 2012 cosa intende per “sovraindebitamento” e chi è il “consumatore”? 
La legge fornisce entrambe le definizioni:
- per sovraindebitamento: la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente (in altre parole, si deve trattare di uno stato di crisi non temporaneo che il debitore ritiene di non essere in grado di affrontare con i suoi beni, né gli è possibile fare ricorso al credito di terzi).
- per consumatore: il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (si presti attenzione che anche le garanzie fideiussorie prestate per attività imprenditoriali, portano all’esclusione della qualifica di consumatore).  


Palazzo Lin (Paese - Treviso), sede della società DiDominio srl

Quali requisiti occorrono per ottenere i vantaggi offerti con questa Legge e qual è l’iter da seguire? 
Per accedere ad una delle tre procedure previste dalla L. 3/2012 (piano del consumatore, accordo di composizione della crisi, liquidazione del patrimonio) è necessario, come previsto dalle definizioni, essere un consumatore o un debitore non fallibile ed essere in uno stato di sovraindebitamento. Aggiungerei anche avere dei beni, un reddito o dei crediti (anche futuri) da “mettere sul piatto”, anche con l’aiuto di terzi. L’iter da seguire è quello di rivolgersi ad un professionista, che raccolta tutta la documentazione necessaria, si rivolga all’OCC competente per la stipula dell’accordo o del piano e lo assista poi nella procedura.  

Come si stipula un “accordo o un piano del consumatore”? 
La proposta di accordo o di piano del consumatore, che contiene sostanzialmente la proposta di ristrutturazione dei debiti fatta dal debitore, viene materialmente redatta dall’OCC, ossia dall’Organismo chiamato a gestire la crisi da sovraindebitamento che, esaminata la situazione, esprimerà la propria valutazione sulla fattibilità o meno della proposta. Esiste un apposito elenco di tali organismi presso il sito del Ministero della Giustizia. Qualora nel proprio circondario non vi sia un organismo già costituito è possibile chiedere, per il tramite di un avvocato, la nomina di un Professionista abilitato. 

Una volta depositata la proposta di accordo presso il Tribunale del luogo di residenza, cosa occorre fare? 
Dopo il deposito della proposta, viene avviato il procedimento giudiziale vòlto a verificare se sussistono le condizioni per l’omologazione del piano o dell’accordo. Si rammenta, infatti, che vi sono dei crediti che devono essere regolarmente pagati (ad esempio i crediti alimentari) ed altri (come quelli derivanti da iva ed altre ritenute) per i quali può essere prevista solo la dilazione di pagamento (e non la falcidia). Inoltre, nel caso di accordo di composizione della crisi, è prevista anche la votazione da parte dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (non prevista invece nell’accordo del consumatore, in cui l’ultima parola è del giudice).

In genere, quali sono le difficoltà che impediscono di raggiungere un accordo tra le parti e cosa si può fare per superarle? 
Le difficoltà maggiori solitamente si riscontrano nelle possibilità dei debitori di mettere a disposizione qualcosa per risanare parzialmente i propri debiti. Non sempre, infatti, i debitori sono disposti a cedere la propria abitazione, anche se così facendo, avrebbero l’opportunità di azzerare il proprio status debitorio e ripartire da zero. 

Che cosa si intende per omologazione dell’accordo? 
Si ha omologazione dell’accordo e del piano quando il Giudice ritiene che tali proposte siano conformi alle disposizioni legislative e ne dispone una forma idonea di pubblicità. Deve intervenire entro 6 mesi dalla presentazione della proposta. Possiamo definirla come la chiusura dell’iter giudiziario della procedura. 

Può parlarci dell’esecuzione dell’accordo e di eventuali impugnazioni e risoluzioni dell’accordo? 
Le modalità di esecuzione dell’accordo variano a seconda del contenuto del piano. Se, ad esempio, i beni offerti ai creditori sono sottoposti a pignoramento, è necessaria la nomina di un liquidatore da parte del giudice, altrimenti sarà direttamente il debitore a curare la gestione del proprio patrimonio per ottemperare all’accordo. In ogni caso, il giudice ha un potere di vigilanza sull’esecuzione dell’accordo. Per quanto riguarda, invece, eventuali patologie dell’accordo, la Legge prevede che l’accordo possa essere annullato su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero simulate attività inesistenti. Può anche essere richiesta da parte dei creditori la risoluzione dell’accordo, qualora questo non venga adempiuto dal proponente o se la sua esecuzione diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore.

Ci sono persone che hanno effettivamente trovato un sollievo grazie a questa Legge? 
Non è possibile avere ad oggi, novembre 2018, una stima dei casi positivamente risolti da questa legge (probabilmente la maggior parte dei piani sono ancora in corso di esecuzione), tuttavia, attingendo alcuni dati dal sito del Tribunale di Treviso, possiamo vedere che i ricorsi a tale procedura sono circa una trentina per anno. 

A suo avviso, quali sono i limiti di questa Legge? 
Tale legge, nonostante l’ingresso in sordina, è stata poi acclamata da molti come rivoluzionaria, ed effettivamente avrebbe il potenziale per essere definita tale. Tuttavia, come abbiamo visto prima, i casi di coloro che vi ricorrono sono ancora esigui e ciò, a mio avviso, è dovuto in parte al fatto che ancora non è largamente conosciuta; in parte al fatto che la situazione di alcuni debitori (soprattutto i soggetti non fallibili) non permette neppure di formulare un accordo da parte dell’OCC. Basti pensare che la maggior parte dei Tribunali esclude la falcidia dell’iva e delle imposte non versate. Ne consegue che molti imprenditori, il cui ammontare debitorio è per la maggior parte costituito da debiti erariali, decidono di desistere. Stiamo a vedere cosa deciderà la Corte Costituzionale alla quale il Tribunale di Udine ha rimesso la decisione in tema di infalcidiabilità dell’iva nell’ambito di una procedura da sovraindebitamento. 

Avv. Peruzzo, in conclusione, qual è il suo giudizio su questa Legge? 
A mio modesto parere, si tratta di una legge dal largo potenziale, che potrebbe portare respiro a tutti quei debitori che ad oggi si trovano schiacciati dai debiti; tuttavia riterrei necessario prevedere anche la possibilità di inserire i debiti derivanti da iva e da altre imposte. Solo così, forse, si potrebbe dar modo agli imprenditori di ripartire veramente da zero. 

Vi invito a visitare la pagina web www.didominio.com e per maggiori informazioni potete contattarmi al numero 339.3410373 oppure scrivendo una mail a silvcarlo@tin.it 




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