In questi giorni si torna a parlare dello Ius soli e anch'io vorrei esprimere la mia opinione.
Se da un lato sono convinto della necessità di accogliere e di manifestare concretamente la propria solidarietà umana a quanti sono costretti a scappare dal proprio Paese di origine a causa di guerre e carestie, dall'altro credo che non si debbano porre le basi per far sì che tutti - col proprio stile di vita e con la propria cultura giuridica - possano concentrarsi nel nostro Paese.
E' giusto che le nostre navi militari si prodighino per salvare il maggior numero di vite umane abbandonate alla deriva sui noti gommoni al centro del Mediterraneo, ma le persone una volta salvate, vanno accolte in centri umanitari per essere curate e nutrite. E' possibile che queste persone debbano restare in questi centri anche per sei mesi, un anno o due, e magari cogliere l'occasione per imparare la nostra lingua e avere la possibilità di seguire dei corsi di studio, ma poi devono essere aiutate a ritornare nel proprio Paese di origine.
In effetti, se è necessario offrire una buona e dignitosa assistenza a chi scappa è anche fondamentale, soprattutto a livello di Unione europea, fare in modo che in certi Paesi come la Nigeria, la Siria e l'Eritrea, si creino le condizioni per favorire la pace sociale e il ritorno di chi è dovuto scappare via.
L'Africa si sta impoverendo sotto tutti gli aspetti e certe aziende occidentali non stanno solo sfruttando i suoi giacimenti petroliferi e le sue miniere, ma si preparano anche a depredarla delle sue risorse umane: più giovani africani vengono in Europa, più l'Africa diventa povera e resta in balia di Paesi come la Cina che lì stanno "acquistando" tutto.
A mio avviso con lo Ius soli si rischia di offrire a tanti disperati l'illusione di potersi stabilire tra noi e di poter avere un lavoro, una casa e altre condizioni per crearsi una propria famiglia. Ma sarà così?
Sono convinto, in conclusione, che la nostra accoglienza dev'essere strutturata in modo tale da aiutare queste persone a ritrovare la forza e la volontà di costruire il proprio futuro nella terra di origine.
Se da un lato sono convinto della necessità di accogliere e di manifestare concretamente la propria solidarietà umana a quanti sono costretti a scappare dal proprio Paese di origine a causa di guerre e carestie, dall'altro credo che non si debbano porre le basi per far sì che tutti - col proprio stile di vita e con la propria cultura giuridica - possano concentrarsi nel nostro Paese.
E' giusto che le nostre navi militari si prodighino per salvare il maggior numero di vite umane abbandonate alla deriva sui noti gommoni al centro del Mediterraneo, ma le persone una volta salvate, vanno accolte in centri umanitari per essere curate e nutrite. E' possibile che queste persone debbano restare in questi centri anche per sei mesi, un anno o due, e magari cogliere l'occasione per imparare la nostra lingua e avere la possibilità di seguire dei corsi di studio, ma poi devono essere aiutate a ritornare nel proprio Paese di origine.
In effetti, se è necessario offrire una buona e dignitosa assistenza a chi scappa è anche fondamentale, soprattutto a livello di Unione europea, fare in modo che in certi Paesi come la Nigeria, la Siria e l'Eritrea, si creino le condizioni per favorire la pace sociale e il ritorno di chi è dovuto scappare via.
L'Africa si sta impoverendo sotto tutti gli aspetti e certe aziende occidentali non stanno solo sfruttando i suoi giacimenti petroliferi e le sue miniere, ma si preparano anche a depredarla delle sue risorse umane: più giovani africani vengono in Europa, più l'Africa diventa povera e resta in balia di Paesi come la Cina che lì stanno "acquistando" tutto.
A mio avviso con lo Ius soli si rischia di offrire a tanti disperati l'illusione di potersi stabilire tra noi e di poter avere un lavoro, una casa e altre condizioni per crearsi una propria famiglia. Ma sarà così?
Sono convinto, in conclusione, che la nostra accoglienza dev'essere strutturata in modo tale da aiutare queste persone a ritrovare la forza e la volontà di costruire il proprio futuro nella terra di origine.
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