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Il dono dell'amicizia tra un sacerdote e una laica

Poche ore fa è stato chiuso in tipografia la seconda ristampa del volume "Il dono dell'amicizia", a firma di don Olivo Bolzon e di Marisa Restello. Qui di seguito la presentazione scritta dai due Autori che descrivono la propria quotidianità vissuta insieme all'insegna del dono del celibato e del sacerdozio.
Presentazione È l’occasione per ringraziare i nostri lettori che hanno accolto questa semplice testimonianza sincera e gioiosa e tanti altri che ce l’hanno chiesta e desiderano partecipare a un dono prezioso per tutti, oggi soprattutto. Proprio in questi giorni un caro amico è venuto a trovarci e a leggere insieme un piccolo brano che, secondo lui, era il centro del messaggio. Insieme abbiamo constatato che il cammino della liberazione non è né un fatto di bravura, né una via tracciata e uguale per tutti. La relazione uomo-donna diventa sempre più liberante nella misura in cui va oltre ogni problematica e si fa comunione. Pensando alla comunione, per noi credenti in Cristo Gesù, la nostra vita diventa un camminare con Lui che è Dio, creatore come il Padre, dono di vita come lo Spirito e fratello di tutta l’umanità. Gesù Dio, Gesù uomo nella comunione che nell’unità della persona diventa per uomini e donne, vita comune. Mentre continuiamo il nostro cammino, sempre più godiamo la delicatezza e la bellezza della relazione uomo-donna. In tutte le chiese scopriamo oggi un ecumenismo che è rispetto dell’alterità, soprattutto nel rapporto uomo-donna e nello stesso tempo scoperta della gioia di vivere insieme. Ci siamo sentiti quasi obbligati a questa ristampa, perché tante persone ce l’hanno chiesto e noi stessi eravamo rimasti senza neanche una copia. Non abbiamo voluto né aggiungere impressioni o nuovi pensieri, né togliere quanto abbiamo affermato e comunicato ai nostri amici.
Un primo grande risultato per noi è stata l’accoglienza che ha avuto questa semplice narrazione della nostra vita quotidiana. Possiamo affermare che coloro che vivono il matrimonio e desiderano goderlo, come gli amici preti e le amiche che vivono il celibato sono stati aiutati ad andare oltre la problematica della famiglia oggi e del celibato scelto come sequela di Gesù. Ci sembra che anche nella nostra Chiesa sia urgente andare oltre. Non siamo mai entrati in un problematicismo che ci sembra sterile e che forse proviene da una grande necessità per la Chiesa di vivere una più profonda umanità, una realtà viva di comunione, soprattutto nei confronti delle donne, un reale rispetto e una coscienza che la parità sta nella comunione e nella fiduciosa reciprocità che va oltre i costumi attuali. Non siamo partigiani di estremismi o di regole imposte e violente. Siamo coscienti che restare ancorati al “o – o” cioè o sposati e perciò niente preti, o preti e niente sposati. Né, per quanto riguarda le donne, o dedicate alla famiglia oppure in un ambito decisamente religioso o anche laicale, ma circoscritto. È vero che a questo riguardo molti passi avanti sono stati fatti, e ancora più incoraggianti sono le recenti suggestioni del Papa sulla necessità di una maggiore responsabilità delle donne nella Chiesa. Forse, inconsapevole ma forte resiste ancora nel mondo clericale la difficoltà, la difesa verso le donne come se non fossero membri a tutti gli effetti del popolo di Dio e impegnate con tutto il cuore ad accogliere il suo piano di salvezza.
Non crediamo però che questo passo avanti si faccia incrociando le spade per sopprimere l’altra fazione. Nella nostra quotidianità ci sembra accogliere la luce del nuovo orizzonte: “e – e”. Cioè e preti sposati e preti celibi. Donne corresponsabili e nella famiglia e nella comunità civile come in quella ecclesiale. Proprio per mostrare la realtà e l’importanza di quell’autorevole “Dio creò l’uomo simile a sé, lo creò a immagine di Dio, maschio e femmina li creò” (Gen. 1,27) e di quell’esplicativo e medievale “Neque domina neque ancilla, sed socia” (né padrona né serva, ma compagna) attribuito a Vincent de Beauvais. Soprattutto la terza parte della “Amoris laetitia” ha aperto nuovi orizzonti e fondate speranze sull’umanità che è la presenza di Gesù Dio e uomo. Perciò, con molta serenità auspichiamo nuovi costumi, come vero progresso per tutta l’umanità. Anche nella nostra Chiesa, nella quale noi ci sentiamo bene e che ci ha cresciuti nella nostra vita umana, siamo convinti che sia urgente un nuovo costume ecclesiale e nuova offerta all’umanità. È di questo che, soprattutto in questo periodo, hanno bisogno le famiglie e la comunità tutta. È altrettanto dono nella comunità ecclesiale, la presenza del celibato che renda serena la vita di chi crede che la presenza di Gesù è il dono grande del Padre.
Dopo un lungo cammino, dalle luci del mattino al calore del meriggio alla luce serena del vespero ci siamo aiutati e abbiamo sentito quasi come dovere la necessità di proporre alla gente il dono del matrimonio e il dono del celibato. Nella nostra vita più che un imperativo morale, l’abbiamo vissuto come un dono di reciprocità ricevuto ed amato nei piccoli servizi quotidiani, come frutti di amicizia con Gesù Dio e uomo, come amicizia che da lui proviene e con lui condividiamo perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (don Olivo e Marisa)

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